La giovane torinese crea costumi da bagno su misura per donne musulmane. “I divieti? Un ritorno al passato, quando gli Stati dicevano come vestirsi”
Torino – 19 agosto 2016 – Altro che simbolo dell’asservimento della donna. Il burkini “è il simbolo delle donne musulmane che vogliono andare al mare con i propri amici senza essere costrette a fare il bagno in ‘piscine per signore’. E’ uno strumento anche sportivo che combatte l’esclusione. Nient’altro”.
Parola di Hind Lafram, 22enne torinese figlia di immigrati marocchini, che da tre anni crea nella sua casa e vende via internet costumi da bagno islamicamente corretti e cuciti su misura. Anche lei li indossa: “Prima – racconta oggi a La Stampa – facevo il bagno con una tuta che, però, non asciugava ed era scomoda. Quando ho scelto il burkini mi sono resa conto che anche tante amiche avevano gli stessi problemi”.
”La prima regola – racconta – è che sia comodo: utilizzo il tessuto delle tute da sub. Leggero, comodo e che si asciuga subito”, ma il termine burkini, che pure è “simpatico”, va preso con le pinze, visto che rimanda al velo integrale afghano, “una realtà lontanissima dalla nostra”. Hind crea anche felpe, camicie, abiti da sera e il marchio Lafram ci ha messo poco a diventare celebre attraverso i social, in un’Italia dove la moda islamica muove ancora i suoi primi passi.
E la Francia? “È un paese che sembrava molto avanti. E, invece – commenta la giovane stilista – siamo tornati al passato quando gli Stati si intromettevano su come vestono le persone. Non essendoci problema di sicurezza e neppure di igiene, non c’è un motivo valido per quel divieto. Se non cavalcare una polemica politica”.