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Studenti stranieri, la beffa dei permessi di soggiorno più lunghi 

La legge resta inapplicata. E così ogni anno devono mettersi in fila all’università, alle Poste e in Questura. La petizione: “Non spezziamo i sogni degli studenti negando i loro diritti”

 

Roma – 10 gennaio 2017 – C’è un impegno che l’Italia non mantiene. Una legge che da tre anni a questa parte i governi hanno dimenticato di applicare.

Agosto 2013.  Enrico Letta è presidente del Consiglio, Cécile Kyenge ministra dell’integrazione. Palazzo Chigi vara un decreto legge sull’istruzione che contiene anche una novità importante per gli studenti stranieri. Dice che la durata del loro permesso di soggiorno non può essere “inferiore al periodo di frequenza, anche pluriennale, di un corso di studio di istituzioni scolastiche, universitarie e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica o per formazione debitamente certificata”.

Una boccata d’aria, la fine dei rinnovi anno per anno. Frequenti un corso di laurea triennale? Avrai un permesso triennale, anche se resta “la verifica annuale di profitto”, devi cioè continuare a superare esami se vuoi conservare il tuo documento.  Altra novità: “Il permesso può essere prolungato per ulteriori dodici mesi oltre il termine del percorso formativo”, magari per cercare lavoro con un po’ più di tranquillità.

 “È una norma molto importante – commenta allora Letta –  fatta apposta per cercare di essere più attrattivi nei confronti degli studenti che dall’estero vengono a studiare in Italia, uno dei grandi problemi del nostro sistema dell’istruzione”. Entusiasta Kyenge: “Un gran passo per l’Italia, ci mette al pari di altri Paesi. Vogliamo rendere le nostre università competitive, venire  incontro ai molti studenti che per difficoltà burocratiche non riuscivano a continuare gli studi”. 

Peccato che quel passo, in realtà, non è stato fatto mai. Oggi un universitario straniero, arrivato davvero dall’estero o cresciuto qui, figlio di immigrati, è ancora costretto a rinnovare il suo permesso ogni anno. 

Vuol dire che ogni anno deve ritirare il certificato con gli esami all’università, presentarlo insieme alla domanda di rinnovo alle Poste, farsi fotografare e prendere le impronte digitali in Questura, poi tornare in Questura a ritirare il documento quando è pronto e sta già per scadere di nuovo. I suoi compagni italiani sono a studiare o a divertirsi, lui è in fila. 

Cosa è successo? La domanda giusta è: cosa non è successo. In oltre tre anni, infatti, prima Letta e i suoi, poi Renzi e gli altri, non hanno trovato il tempo o la voglia di scrivere i regolamenti attuativi della nuova legge. Avrebbero dovuto farlo entro sei mesi, ma niente. E così quelle novità rimangono carta straccia. Sei studente? Vieni in Questura, ecco il tuo permesso, ci rivediamo tra dodici mesi. Come se non fosse cambiato nulla. 

Ora che a Palazzo Chigi è arrivato un nuovo governo, ci si chiede se sarà la volta buona. “Non spezziamo i sogni degli studenti negando i loro diritti. La legge c’è. Applicatela!” si legge in una petizione al premier Paolo Gentiloni e ai ministri dell’Istruzione e dell’Interno Valeria Fedeli e Marco Minniti lanciata su Change.org da Elvira Ricotta Adamo dell’associazione QuestaèRoma, insieme ad altri “ragazzi italiani e stranieri, accomunati dall’amore per questo Paese e dalla scelta di voler studiare in Italia”.

“Le nuove regole sembravano una svolta dopo tante battaglie e invece non se n’è fatto niente. Con i rinnovi annuali, di fatto, si rimane per mesi ostaggi della burocrazia, con in tasca permessi scaduti che tra l’altro non consentono di spostarsi in Europa” spiega Ricotta Adamo a Stranieriiinitalia.it. “Una difficoltà in più, che scoraggia ulteriormente la scelta di studiare qui e si aggiunge alla scarsità di borse di studio e altri problemi cronici.  Non stupiamoci, poi, se l’internazionalizzazione dei nostri atenei è così bassa”.

Possibile che non si riesca ancora a rendere operativa quella legge? Il problema potrebbe essere, come per le autocertificazioni, far dialogare le banche dati delle università con quelle del ministero dell’Interno, per verificare automaticamente gli esami sostenuti. “Ma si può paralizzare una riforma così importante per una questione di procedure? Dal 2013 a oggi non hanno trovato una soluzione? Possono migliorare la vita di decine di migliaia di giovani, è tempo che si diano una mossa”.

Elvio Pasca

 

 

 

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