Il presidente della Cei Bagnasco: “Importante sia il riconoscimento della cittadinanza ai minori che hanno conseguito il primo ciclo scolastico, sia la possibilità di affidare i minori non accompagnati a case famiglia”
Roma – 24 gennaio 2017 – I vescovi italiani tornano a chiedere accoglienza per profughi e migranti, con un particolare attenzione alle migliaia di minori che arrivano dai soli in Italia, e la riforma della cittadinanza per le seconde generazioni.
Temi toccati ieri dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, all’aertura dei lavori del Consiglio Permanente della Cei, riunito a Roma.
“A uno sguardo attento – ha detto Bagnasco – ci richiamano anche i drammi che continuano a consumare popoli interi, vittime di persecuzione e violenza, di povertà e guerra. Quelli che abbiamo davanti agli occhi sono scenari che rendono attuale la ripresa e l’approfondimento della Populorum progressio, pubblicata dal beato Paolo VI nel marzo di cinquant’anni anni fa. L’enciclica pone lo sviluppo in stretta relazione con la pace e chiede un uso diverso dei beni, in senso fraterno”.
“Tale fraternità oggi interroga, in particolare, la nostra disponibilità a misurarci con la situazione dei minori non accompagnati ed esposti a ogni sorta di abuso, come ci è stato ricordato dalla Giornata mondiale del migrante e del rifugiato appena celebrata. Si tratta di una realtà che interpella fortemente la coscienza civile del nostro Paese e le sue Istituzioni; realtà rispetto alla quale, come osserva il Santo Padre, in tema di accoglienza “il più cattivo consigliere è la paura, mentre il migliore consigliere è la prudenza” (Conferenza stampa sul volo di ritorno dalla Svezia, 1 novembre 2016)”.
“La Chiesa – ha aggiunto il presidente della Cei – a partire dalle nostre parrocchie, dai centri della Fondazione Migrantes e dalle Caritas diocesane – è in prima linea nell’accoglienza: dove questa parola non richiama soltanto servizi offerti, ma famiglia, comunità, dialogo interculturale, iniziative di integrazione. In questa prospettiva, diventa importante sia il riconoscimento della cittadinanza ai minori che hanno conseguito il primo ciclo scolastico, sia la possibilità di affidare i minori non accompagnati a case famiglia: le centinaia di esperienze promosse nelle nostre parrocchie costituiscono una conferma circa la direzione su cui andare”.