Un documentario che racconta l’immigrazione al femminile. Viaggio di tre donne di nazianalità diverse, tra difficoltà e soddisfazioni
Bari – 5 febbraio 2008 – Bintu, Ana e Fatima sono tre donne sulla quarantina che vivono in provincia di Bari. Le accomuna il percorso migratorio cominciato oltre dieci anni fa. Le loro storie si susseguono e incrociano in “Aidha, colei che parte, ma ritorna”, un documentario, realizzato dalla Comunità Oasi2 San Francesco di Trani (impegnata nella lotta all’esclusione sociale), con il sostegno dell’Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia.
Il video si inserisce in un progetto più ampio – “Aidha. Immagini e storie per promuovere i diritti delle donne immigrate” – che nelle scorse settimane ha voluto portare il Dvd, corredato da un libretto didattico, in tutte le 322 scuole superiori della Puglia. L’iniziativa ha lo scopo di raccontare ai giovani la migrazione e invitarli a riflettere e discutere su un tema relativamente nuovo per l’Italia. “Dopo avere distribuito il documentario – dice il regista Gianluca Sciannameo – abbiamo proposto alle scuole di organizzare degli incontri, un piccolo percorso didattico per lavorare sull’intercultura”
In quasi un ora, il filmato narra la migrazione al femminile spesso difficoltosa e carica di problematiche psicologiche, affettive ed economiche. Lo fa attraverso le interviste di tre donne, con l’obbiettivo di restituire dignità a soggetti fragili come loro, spesso oggetto di una duplice potenziale discriminazione: quella causata dalla condizione di migrante e quella di donna in una società ancora troppo condizionata da stereotipi.
E ciò che l’autore aveva in mente dietro la cinepresa è proprio sfatare questi stereotipi, impedire la nascita di pregiudizi, contrastare i comportamenti xenofobi e le idee razziste, favorire la maturazione di una coscienza civica aperta, tollerante e rispettosa delle molteplici diversità che convivono nella società italiana odierna.
Bintu è senegalese, è commerciante, ha una bancarella. Ana invece viene dal Brasile, insegna danza e opera nel sociale. Si è sposata con un italiano e con lui ha avuto una figlia. Fatima è marocchina, dopo anni di lavoro come lavoratrice domestica, recentemente è riuscita ad aprire una ‘kebaberia’. Ha quattro figli. Il documentario ripercorre la storia di viaggio e integrazione delle tre donne, una storia travagliata e difficoltosa, ma anche ricca di soddisfazioni. E’ il racconto delle loro scelte, del loro quotidiano, della speranza e del sacrificio, del sogno e della voglia di raggiungere una piena emancipazione attraverso il lavoro e il ricordo.
“Con questo progetto – spiega Gianluca Sciannameo – vogliamo provare a scavalcare quella sorta di alto muro eretto nella comunicazione con gli immigrati, un muro spesso, costruito ad arte dai potenti mezzi di comunicazione, oltre il quale non è possibile vedere chi si nasconde. Abbiamo pensato che fosse possibile aprire un piccolo varco, attraverso il quale potessero trapelare, quasi sottovoce, le gioie, le paure, le aspettative deluse e i sogni per il futuro di chi sta oltre questo muro, sperimentando un approccio diverso, più intimo”.
“E’ nata così – continua Sciannameo – l’idea di andare a cercare alcune donne che già da qualche anno vivono in Puglia, e di farsi raccontare le loro storie di immigrate-lavoratrici, di soggetti che, trovandosi in una condizione a fortissimo rischio di esclusione, più duramente hanno dovuto lavorare per cercare di affrancarsene”.
Il documentario sarà proiettato in anteprima domani, alle 18, in via Pedaggio Santa Chiara 57, a Trani.
Antonia Ilinova