Il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sintomo inequivocabile di pericolosità sociale, fa venir meno il diritto al titolo di soggiorno
TAR Veneto, Venezia, Sezione III, Sentenza n. 1289 del 12 maggio 2008.
E’ infondato il ricorso di un cittadino straniero avverso il diniego di rinnovo del proprio permesso di soggiorno, essendo accertata in maniera inequivocabile la sua pericolosità sociale.
L’apprezzamento della pericolosità sociale costituisce giudizio caratterizzato da una discrezionalità assai ampia ed è sindacabile dinanzi al giudice amministrativo esclusivamente nei casi di illogicità, di carenza dei presupposti e di manifesta incongruità.
Infatti se è vero che il giudizio probabilistico e prognostico di pericolosità sociale può prescindere da accertamenti già intervenuti in sede penale, è da ritenere che, a maggior ragione, l’apprezzamento formulato ai sensi dell’art. 1, n. 3, della l. n. 1423 del 1956 possa essere legittimamente correlato a comportamenti per i quali è stata accertata in sede penale, sia pure con sentenza di primo grado, la responsabilità dello straniero, purché si tratti di fatti specifici e gravi.
Nel caso di specie, la Questura aveva accordato allo straniero il permesso di soggiorno, per la prima volta, nel dicembre del 1999; successivamente, dalle indagini di polizia, era emerso che il ricorrente e un suo connazionale avevano “rinchiuso” in un capannone 18 cittadini cinesi clandestini adibendoli –in condizioni igienico –sanitarie raccapriccianti- ad attività di confezione di abiti, così favorendo la permanenza illegale di connazionali sul territorio nazionale e traendo vantaggio dal lavoro svolto da questi ultimi.
In data 29 maggio 2005 lo straniero è stato condannato, con sentenza del Tribunale di Forlì, alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione, ed euro 95.000 di multa per avere, in concorso con altre persone, occupato alle proprie dipendenze cittadini stranieri privi di regolare permesso di soggiorno.
La condotta sopra citata segnala in maniera inequivocabile la pericolosità sociale dello straniero il quale, favorendo la permanenza illegale di propri concittadini entrati clandestinamente nel territorio nazionale, traeva vantaggi economici dal lavoro svolto da costoro, così da permettere alla P. A. di formulare un giudizio prognostico di pericolosità sociale ex art. 1, comma 3, della l. n. 1423/56.
Tale valutazione risulta perciò tutt’altro che illogica ed è stata adeguatamente motivata; la sentenza di condanna inflitta al ricorrente è stata legittimamente considerata sintomo di pericolosità sociale dello straniero, avuto anche riguardo alla gravità dei fatti addebitati e al fatto che l’apprezzamento della pericolosità sociale costituisce un giudizio di carattere discrezionale sindacabile avanti al giudice amministrativo esclusivamente nei ristretti limiti sopra indicati.