TAR Lombardia, Milano, Sezione III, Sentenza n. 1460 del 20 maggio 2008
E’ legittimo non concedere il rinnovo del permesso di soggiorno quando non emergano nuovi elementi positivamente valutabili, a seguito di condanna penalmente sanzionata.
L’art. 5 comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 dispone che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono negati quando vengano a mancare i requisiti per l’ingresso e il soggiorno; l’art. 4, comma 3, nel precisare i requisiti richiesti, esclude che possa essere ammesso (tra le altre ipotesi) lo straniero che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per alcuni reati tra cui quelli “inerenti lo spaccio di stupefacenti”.
Il legislatore ha quindi attribuito una valenza, immediatamente ostativa ad una positiva valutazione in ordine alla permanenza nel territorio dello Stato, a comportamenti penalmente sanzionati, ritenuti di particolare rilevanza sul piano delle relazioni sociali e del mantenimento dell’ordine pubblico, a differenza di quanto era previsto nel testo della norma precedente alle modifiche del 2002 ove la valutazione della pericolosità e della minaccia era rimessa all’autorità amministrativa.
Nel caso di specie, il ricorrente è stato condannato (all’esito del procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti) alla pena di mesi sei di reclusione ed alla multa di € 1.500,00 per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Sul punto, ritiene il Collegio, che è la stessa sentenza di condanna, per la qualità del reato ascritto e sanzionato, che è di per sé ostativa ad una valutazione favorevole da parte dell’autorità amministrativa.
L’art. 5 comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 impone all’amministrazione di verificare se, successivamente all’accertamento delle condizioni ostative all’ingresso, non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili.
Quest’ultima previsione ha lo scopo di permettere, sempre che non sussistano condizioni preclusive in senso assoluto, che un elemento o requisito ritenuto necessario dalla legge possa essere considerato utile al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno ancorché non esistente al momento della richiesta, ma maturato o documentato dallo straniero solo successivamente.
La norma, deve aggiungersi, non ha inteso derogare al fondamentale principio secondo cui un provvedimento amministrativo dev’essere adottato nella situazione di fatto e di diritto risultante al momento della sua adozione ovvero, se si tratta di procedimento ad istanza di parte, alla data della stessa. Essa intende, invece, consentire che elementi di fatto, successivamente verificatisi ovvero successivamente disponibili, possano venir esposti all’amministrazione nell’ambito di un procedimento per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno ad integrazione della documentazione proposta con la relativa domanda oppure per chiedere la revoca di un provvedimento negativo e l’adozione di una nuova determinazione sulla stessa, senza che possa ritenersi illegittimo a posteriori un atto di rifiuto sol perché non abbia tenuto conto di circostanze che non si erano ancora verificate o non erano state documentate dall’interessato nei modi previsti.
Nel caso di specie, in relazione alla attuale situazione lavorativa del ricorrente non è possibile affatto formulare una prognosi positiva in ordine all’inserimento sociale del ricorrente risultando, per gli anni 2004, 2005, 2006, una attività lavorativa assai discontinua e quantitativamente esigua con percezione di redditi limitati (lo stesso ricorrente ha esibito in giudizio solo 4 buste paga).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per la LOMBARDIA, SEZIONE III
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 318 del 2007 proposto da KHOUKHA MOHAMED, rappresentato e difeso dall’Avv.to Marchese Giovanni, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Milano, via Montevideo n. 5
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato con domicilio ex lege presso i suoi uffici in Milano, via Freguglia n. 1
per l’annullamento
– del provvedimento di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato n. prot. 237/2005, adottato dal Questore della Provincia di Milano in data 21 giugno 2005 e notificato al ricorrente in data 29 novembre 2006;
– nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenziali.
VISTO il ricorso ed i documenti depositati;
VISTA la memoria di costituzione in giudizio della resistente amministrazione;
VISTI gli atti tutti di causa;
uditi alla pubblica udienza del 14 febbraio 2008, relatore il dott. DARIO SIMEOLI, l’avv.to GIUTTARI (per delega) per il ricorrente e l’avvocatura dello Stato (avv.to VITELLI) per l’amministrazione resistente
FATTO
Con ricorso notificato il 16 gennaio 2007 e depositato il 13 febbraio 2007, il ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale è stata rigettata l’istanza presentata il 12 giugno 2004 di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, chiedendo al Tribunale Amministrativo Regionale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere.
Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza del 28 febbraio 2007, il Tribunale Amministrativo ha ordinato alla Questura di Milano di depositare documentazione di supporto in relazione ai fatti di causa, con precipuo riferimento alle condizioni di inserimento sociale del ricorrente; con ordinanza del 27 aprile 2007, il Tribunale Amministrativo ha respinto l’istanza cautelare di sospensione motivando l’insussistenza del fumus boni iuris.
Sul contraddittorio così istauratosi, all’udienza del 10 aprile 2008, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva.
DIRITTO
1. La legislazione nazionale adottata negli ultimi anni, d.lgs. n. 286 del 1998, l. n. 189 del 2002, d.l. n. 195 del 2002, si fonda sulla radicale premessa per la quale nessun soggetto extracomunitario può entrare nello Stato, ed ivi stabilmente soggiornare, qualora non sia munito di visto di ingresso e di permesso di soggiorno, e cioè di un titolo amministrativo che autorizzi questi allo stabilimento, alla circolazione ed allo svolgimento di attività per specifiche tassative ragioni (di visita, affari, turismo, studio, lavoro, ricongiungimento familiare e motivi familiari, protezione sociale, asilo e protezione temporanea, cure mediche).
2. Dispone l’art. 5 comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono negati quando vengano a mancare i requisiti per l’ingresso e il soggiorno; l’art. 4, comma 3, nel precisare i requisiti richiesti, esclude che possa essere ammesso (tra le altre ipotesi) lo straniero che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per alcuni reati tra cui quelli “inerenti lo spaccio di stupefacenti”.
Il legislatore ha quindi attribuito una valenza, immediatamente ostativa ad una positiva valutazione in ordine alla permanenza nel territorio dello Stato, a comportamenti penalmente sanzionati, ritenuti di particolare rilevanza sul piano delle relazioni sociali e del mantenimento dell’ordine pubblico, a differenza di quanto era previsto nel testo della norma precedente alle modifiche del 2002 ove la valutazione della pericolosità e della minaccia era rimessa all’autorità amministrativa. In altri termini, nel testo vigente, la valutazione negativa è stata fatta direttamente dal legislatore che ha individuato determinati reati ritenuti ostativi (il diritto vivente si è oramai assestanto in tal senso: cfr. da ultimo Cons. di Stato sentenza 21 aprile 2008 n. 1803; secondo la decisione n. 2866 del 2006 "la norma di cui all’art. 5 non consente all’Amministrazione alcuna autonoma valutazione in ordine ai fatti oggetto del giudizio penale, derivando in modo del tutto automatico dalla sentenza penale la preclusione al rinnovo al permesso di soggiorno").
Nel caso di specie, il ricorrente con sentenza del Tribunale Ordinario di Milano è stato condannato (all’esito del procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti) alla pena di mesi sei di reclusione ed alla multa di € 1.500,00 per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (art. 81 e 56 c.p., 73, I comma, d.P.R. 309 del 1990).
Sul punto, ritiene il Collegio, che non possono essere valutati dalla stessa p.a. come “nuovi elementi” le considerazioni espresse dal giudice penale nella sentenza di condanna (in ordine, ad esempio, alla gravità del reato, alle conseguenze risarcitorie e restitutorie, agli elementi circostanziali e così via), perché quelle considerazioni rappresentano la motivazione della sentenza e non “circostanze sopravvenute ai fatti decisi in sede penale”; allo stesso modo non assumono rilievo le determinazioni accessorie del Giudice Penale come quelle relative alla sospensione condizionale della pena. Difatti, è la stessa sentenza di condanna, per la qualità del reato ascritto e sanzionato, che è di per sé ostativa ad una valutazione favorevole da parte dell’autorità amministrativa.
Neppure ha rilievo il fatto che la sentenza del Giudice Penale non sia ancora passata in giudicato (e, quindi, suscettibile di essere riformata nei successivi gradi di giudizio), dal momento che la norma in oggetto (art. 4, comma 3, del t.u.) non prevede l’esistenza di un giudicato.
3. L’art. 5 comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 impone all’amministrazione di verificare se, successivamente all’accertamento delle condizioni ostative all’ingresso, non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. Quest’ultima previsione ha lo scopo di permettere, sempre che non sussistano condizioni preclusive in senso assoluto, che un elemento o requisito ritenuto necessario dalla legge possa essere considerato utile al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno ancorché non esistente al momento della richiesta, ma maturato o documentato dallo straniero solo successivamente. La norma, deve aggiungersi, non ha inteso derogare al fondamentale principio secondo cui un provvedimento amministrativo dev’essere adottato nella situazione di fatto e di diritto risultante al momento della sua adozione ovvero, se si tratta di procedimento ad istanza di parte, alla data della stessa. Essa intende, invece, consentire che elementi di fatto, successivamente verificatisi ovvero successivamente disponibili, possano venir esposti all’amministrazione nell’ambito di un procedimento per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno ad integrazione della documentazione proposta con la relativa domanda oppure per chiedere la revoca di un provvedimento negativo e l’adozione di una nuova determinazione sulla stessa, senza che possa ritenersi illegittimo a posteriori un atto di rifiuto sol perché non abbia tenuto conto di circostanze che non si erano ancora verificate o non erano state documentate dall’interessato nei modi previsti (T.A.R. Friuli Venezia Giulia Trieste, 22 aprile 2003, n. 146).
Nel caso di specie, la relazione della Questura di Milano del 3 aprile 2007 (disposta in relazione alla attuale situazione lavorativa del ricorrente) non consente affatto di formulare una prognosi positiva in ordine all’inserimento sociale del ricorrente risultando, per gli anni 2004, 2005, 2006, una attività lavorativa assai discontinua e quantitativamente esigua con percenzione di redditi limitati (lo stesso ricorrente ha esibito in giudizio solo 4 buste paga).
4. Tanto premesso il ricorso deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, attese le condizioni di disagio sociale del ricorrente comunque accertate dal Collegio.
PQM
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede:
Rigetta il ricorso;
Compensa interamente le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 14 febbraio ’08, con l’intervento dei seguenti magistrati:
dott. DOMENICO GIORDANO Presidente,
dott. STEFANO COZZI Referendario
dott. DARIO SIMEOLI Referendario Estensore
Presidente
DOMENICO GIORDANO
Estensore
DARIO SIMEOLI