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Divorzi: più conflitti se la coppia è mista

Secondo l’Istat la separazione avviene prima e con più problemi quando uno dei coniugi è straniero

Roma – 26 giugno 2008 – Più di tre divorzi su quattro in Italia (il 77,6%) avvengono in maniera consensuale, ma l’addio tra coniugi è più conflittuale se uno dei due è straniero. Lo afferma l’Istat nel rapporto "evoluzione e nuove tendenze dell’instabilità coniugale", spiegando che il dato si riferisce al 2005.

Se poi ci sono figli le cose si complicano ulteriormente, ancor più se l’immigrato – sciolto il legame con il coniuge italiano – avesse intenzione di portare il minore affidatogli fuori dall’Italia.

Insomma, secondo la ricerca, i problemi aumentano quando a rompersi è una coppia mista: in questo caso il rito ordinario, cioè senza il consenso delle parti, sale al 17%, contro il 14,2% per le coppie in cui sono entrambi italiani. Le coppie miste, inoltre, vanno incontro alla separazione prima delle altre. La durata media dell’unione coniugale alla richiesta di separazione è pari a otto anni nelle coppie multietniche, contro i 14 riscontrati nelle separazioni di coniugi entrambi cittadini italiani per nascita.

Problematici o no, i matrimoni misti sono in continuo aumento. Secondo la Caritas Italiana nel 2005 sono stati il 12,5% di tutte le celebrazioni (oltre 200 mila), contro il 3,2% nel 1992. Gli uomini italiani preferiscono sposare filippine e rumene. Le donne del Belpaese invece scelgono più spesso di andare all’altare con senegalesi e tunisini. Caratteristica delle coppie miste é, spesso, la differenza di età. La sposa straniera di un italiano è più giovane di almeno una decina d’anni in almeno metà dei casi.

In generale, i matrimoni vanno più in crisi al Nord, dove nel 2005 si rilevano 6,2 separazioni e 4 divorzi ogni mille coppie coniugate contro 4,2 separazioni e 1,8 divorzi nel Mezzogiorno. Le spiegazioni, dice l’Istat, “possono essere molteplici. La più importante è relativa ai diversi tassi di occupazione femminile, che influenzano la diffusione dell’instabilità coniugale. Un’altra motivazione può essere legata ai diversi livelli di partecipazione religiosa”.

In generale comunque “incidenza della separazione – sottolinea l’Istituto – è più elevata in assoluto nelle coppie in cui entrambi i coniugi sono disoccupati, e nelle coppie in cui la moglie lavora e il marito risulta privo di un impiego”.

A.I.

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