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Caso Asso29, sentenza storica: Italia condannata per il respingimento in Libia di naufraghi

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Roma, 28 giugno 2024 – Il Tribunale civile di Roma ha emesso una sentenza storica, condannando la Presidenza del Consiglio, i ministeri della Difesa e dei Trasporti, il capitano della nave Asso 29 e la società armatrice Augusta Offshore a risarcire cinque dei 150 migranti consegnati alle autorità libiche nel luglio 2018. La decisione, che prevede un risarcimento di 15.000 euro per ciascun sopravvissuto, riconosce la responsabilità dello Stato italiano per le violenze e torture subite dai migranti nei centri di detenzione libici.

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Migranti, il caso Asso 29

Il 2 luglio 2018, un gruppo di 150 migranti venne intercettato da una motovedetta libica già sovraccarica di persone. A causa dell’avaria dell’imbarcazione, il mercantile italiano Asso 29, sotto il coordinamento della nave militare italiana Duilio, intervenne per trainare la barca fino a Tripoli. I naufraghi furono poi detenuti e torturati nei lager libici di Tarik Al Sikka, Zintan, Tarik Al Matar e Gharyan. Cinque di loro, tra cui un bambino di due anni e una donna incinta all’ottavo mese, hanno presentato ricorso al Tribunale civile di Roma, ottenendo questa sentenza rivoluzionaria.

La sentenza del giudice Corrado Bile ribadisce che la Libia non può essere considerata un Paese sicuro, confermando le numerose violazioni dei diritti umani documentate da agenzie Onu e ong internazionali. Il Tribunale, perciò, ha sottolineato che il coordinamento dei soccorsi in mare deve rispettare i diritti fondamentali dei naufraghi, indipendentemente dalla zona SAR di competenza. La pretesa della guardia costiera libica di intervenire in via esclusiva in quel tratto di mare è stata quindi giudicata priva di fondamento. Inoltre, secondo il Tribunale, riconsegnare i migranti a Tripoli costituisce una palese violazione delle norme e convenzioni internazionali. La sentenza, infatti, afferma che il respingimento verso luoghi non sicuri viola il principio del non-respingimento, il divieto di espulsioni collettive e il diritto alla protezione internazionale. E queste violazioni mettono in discussione la legittimità degli accordi di cooperazione in materia di immigrazione tra Italia e Libia.

Si può dire che la decisione del Tribunale rappresenti un importante precedente per le navi delle ong, spesso bloccate con fermi illegittimi basati su affermazioni della guardia costiera libica. Un recente esempio è il caso della nave Humanity1, liberata da un fermo illegittimo dal giudice Alberto Albenzio di Crotone, che ha anche condannato l’Italia a pagare 14.000 euro di risarcimento danni. Questa sentenza, quindi, conferma che la Libia non può essere considerata un partner affidabile per le operazioni di salvataggio in mare.

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