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TAR Veneto Sentenza del 21 agosto 2008 diniego regolarizzazione ai sensi della legge 222/2002

TAR Veneto Sentenza del 21 agosto 2008 diniego regolarizzazione ai sensi della legge 222/2002
TAR Veneto Sentenza n. 2567 del 21 agosto diniego regolarizzazione ai sensi della legge 222/2002
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto ha respinto il ricorso presentato da un cittadino straniero contro il diniego di regolarizzazione (ai sensi della legge 222/2002) disposto dalla Prefettura di Treviso perché il l’istante era stato soggetto ad un provvedimento di espulsione eseguito mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
Ebbene, ai sensi dell’art 1 del D L 195/02, convertito nella legge 222 del 2002, tra le cause impeditive della regolarizzazione prevista dalla legge citata vi è la situazione dello straniero nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno.
Poiché dagli accertamenti effettuati dall’Amministrazione è risultato che in seguito al provvedimento di espulsione, il ricorrente è rientrato in Italia in violazione del divieto espresso di rientro senza la speciale autorizzazione del Ministero dell’Interno, il Tar del Veneto respinge il ricorso.

Ric. n. 131/04        Sent. n. 2567/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso  di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della   L.   27  aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, costituito da:
Angelo De Zotti Presidente, relatore
Angelo Gabbricci Consigliere
Marina Perrelli Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n. 131/04 proposto da EUROEDIL s.n.c. di Ramadanoski Rakip e da Ramadani Jlias, rappresentati e difesi dall’avv. Luca Berletti, con domicilio presso lo studio dell’avv. Francesca Rech in Venezia, S. Marco 3856;
CONTRO
la Prefettura della Provincia di Treviso, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia;
per l’annullamento
 del provvedimento prot. n. 1624/02/Gab emesso dalla Prefettura di Treviso in data 3.10.2003 a mezzo del quale  è stata rigettata l’istanza di regolarizzazione ai sensi del d.l. 195/02 convertito in l. 222/02 del rapporto di lavoro  intercorrente con il lavoratore extracomunitario.
Visto il ricorso, notificato il 17 dicembre 2003 e depositato  presso la Segreteria il 16 gennaio 2004 con i relativi allegati;
Visti gli atti della causa;
Uditi alla camera di consiglio del 13 marzo 2008 (relatore il Presidente De Zotti ) – l’avv.to Berletti per la parte ricorrente e l’avv. Bonora per la P.A. resistente;
F A T T O
In data 19/09/2002 il titolare della Euro Edil snc. Ramadanoski Rakip, presentava domanda di regolarizzazione, ai sensi della legge 222/2002, del cittadino macedone Ramadani Iljas.
La Prefettura di Treviso respingeva la domanda motivando il rigetto con la mancata concessione, da parte della Questura, del nulla osta prescritto dall’art. 1 comma 4^ del d.l. 195/2002 “in quanto il sig. Ramadani Iljas risulterebbe già destinatario di un provvedimento di espulsione eseguito mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica”.
Tale provvedimento veniva annullato dal TAR Veneto con sentenza n. 3881/03  sul rilievo che il provvedimento di espulsione non conteneva la formula dell’accompagnamento alla frontiera e che non risultava essere stato eseguito coattivamente.
In seguito a ciò la Prefettura di Treviso ha reiterato il provvedimento di rigetto ritenendo inammissibile la regolarizzazione del lavoratore extracomunitario in presenza della condizione ostativa di cui all’art. 1 comma 8 lett. a) del d.l. 195/2002 in quanto il lavoratore extracomunitario Radamani Jlias, dopo il provvedimento espulsivo era rientrato nel proprio paese e successivamente rientrato in Italia senza la speciale autorizzazione del Ministro e dunque in violazione dell’art. 13 comma 13 del D. Lgs. 286/1986.
Avverso tale provvedimento vengono dedotti i seguenti motivi:
1. Illegittimità costituzionale dell’art. 1 co. 8^ lett. a) del d.l. 195/02 conv. nella legge 202/02.
Si sostiene che l’articolo citato nel porre tra le cause ostative della regolarizzazione prevista dalla legge 202/02 la circostanza che il cittadino straniero colpito da provvedimento espulsivo si trovi nelle condizioni di cui all’art. 13 co. 13, ossia di essere rientrato in Italia senza la speciale autorizzazione del Ministro contrasta con i principi costituzionali di ragionevolezza ed uguaglianza, in quanto assimila la situazione di chi non è mai stato colpito da provvedimento espulsivo, ovvero abbia celato la propria vera identità o sia rimasto in Italia nonostante l’ordine di lasciare il territori nazionale a quella di chi abbia spontaneamente eseguito tale ordine, come il ricorrente, dimostrando di non voler restare nella condizione di permanenza illecita sul territorio italiano.
2. Difetto di istruttoria e insufficienza ed erroneità della motivazione.
Si sostiene che nel provvedimento manca qualsivoglia riferimento al provvedimento espulsivo e che non sono indicati né gli estremi dell’asserito rientro del Ramadani nel proprio paese, né quelli del successivo reingresso in Italia; che inoltre l’amministrazione ha omesso di valutare, in esecuzione della sentenza n. 3880/01 se l’espulsione fosse comunque revocabile ed in tal caso se sussistessero le condizioni ed i motivi per un eventuale diniego della domanda di revoca.
3. Violazione dell’art. 2 comma 6^ del d. lgs 286/1998, in quanto sia l’espulsione del Ramadani, avvenuta nell’anno 2001, che il diniego di regolarizzazione non sono stati tradotti in lingua comprensibile all’interessato, né al datore di lavoro, che è anch’egli cittadino extracomunitario.
L’amministrazione si è costituita in giudizio e contesta i motivi di ricorso chiedendone la reiezione con vittoria di spese.
D I R I T T O
Il ricorso è infondato.
L’art 1 del D L 195/02, convertito nella legge 222 del 2002, prevede, infatti, che tra le cause impeditive della regolarizzazione prevista dalla legge citata indica al comma 8 lettera a) la situazione dello straniero:
a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non può essere in ogni caso disposta nell’ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario … risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni.”
Orbene, risulta dalla documentazione in atti che il sig. Ramadani, colpito da un provvedimento di espulsione, che non prevedeva l’accompagnamento coattivo alla frontiera è comunque rientrato nel proprio paese in data 9 dicembre 2001 dallo scalo di Fiumicino a mezzo di aereo diretto a Skopje e che in seguito è rientrato in Italia in violazione del divieto espresso di rientro senza la speciale autorizzazione del Ministero, che è condizione ostativa della regolarizzazione, posto che il rientro illegale in Italia costituisce ipotesi di reato penale espressamente sanzionato.
E con riferimento a questo specifico aspetto (esclusione della regolarizzazione dello straniero espulso che abbia lasciato il territorio nazionale e che si trovi nelle condizioni previste dall’art. 13, 13° comma d.lgs. 286/998) il Collegio osserva che la questione di legittimità costituzionale della previsione dell’art. 33, 7° comma l. 189/2002, sollevata dal TAR per il Veneto con ordinanza n. 846 del 17 giugno 2004, che parte ricorrente intende sollevare con il primo motivo, è già stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte costituzionale (Corte cost. ord. 9 gennaio 2006 n. 8) con la seguente motivazione: “quanto alla questione in merito alla norma che prescrive l’esclusione dalla regolarizzazione dei cittadini extracomunitari che abbiano lasciato il territorio nazionale e si trovino nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286 del 1998 e successive modificazioni, si rileva che la disparità di trattamento denunciata dal giudice remittente – legata ai molteplici fattori che possono, nei singoli casi concreti, determinare differenze applicative della normativa di cui si tratta – si risolve in una disparità di mero fatto, inidonea come tale, per costante giurisprudenza di questa Corte, a fondare un giudizio di violazione del principio di eguaglianza (v., da ultimo, sentenze n. 264, n. 276 e n. 338 del 2005 e ordinanza n. 155 del 2005).
Il motivo va quindi respinto.
Parimenti infondato è il secondo motivo con il quale i ricorrenti sostengono che il provvedimento impugnato difetta di qualsiasi riferimento al provvedimento espulsivo e che in esso non vengono indicati né gli estremi dell’asserito rientro del Ramadani nel proprio paese, né quelli del successivo reingresso in Italia.
Infatti è vero che nel provvedimento impugnato non vengono indicati gli estremi del provvedimento di espulsione ma è altrettanto vero che al medesimo è stata allegata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3 della legge 241/1990, la nota della questura di Belluno che indica espressamente gli estremi del provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto di Belluno il 5 maggio 2001 nei confronti del sig. Ramadani Jlias e la nota con cui la stessa questura informa l’U.T.G, di Belluno che il cittadino straniero ha lasciato l’Italia il giorno 9 dicembre 2001 dallo scalo di Fiumicino a mezzo di aereo diretto a Skopje.
E d’altra parte il ricorrente non contesta né di essere stato effettivamente espulso né di essere rientrato nel proprio paese, posto che tali fatti, oltre ad essere documentati, sono stati implicitamente accertati anche con la sentenza  del TAR Veneto n. 3881/03.
Quanto infine all’ultimo motivo relativo alla mancata traduzione del provvedimento impugnato in lingua conosciuta dal ricorrente, la prevalente giurisprudenza afferma che la mancata traduzione dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno o l’espulsione degli stranieri in una lingua a loro conosciuta ovvero in lingua inglese, francese o spagnola, posto che tale previsione non incide sulla correttezza del potere esercitato ma è tesa esclusivamente a rendere effettivo il diritto di difesa, può dar luogo alla rimessione in termini ma non vizia i provvedimenti tutte le volte che la tutela nei loro confronti sia stata in concreto esercitata (cfr. C.d.S., IV, 19 ottobre 2004, n. 6749, TAR  Veneto, III, 24 febbraio 2004, n. 391 e n. 1321 del 20 febbraio 2007) e l’ipotetica mancata comprensione del contenuto dell’atto non abbia impedito un tempestivo esercizio del diritto di difesa, circostanza che, nel caso di specie, non si è verificata.
Va soggiunto che il motivo relativo all’asserita illegittimità del provvedimento di espulsione per omessa traduzione dello stesso in lingua conosciuta dal ricorrente è comunque inammissibile, in questa sede, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, e ciò a prescindere dal fatto che non risulta che il ricorrente abbia  mai presentato domanda di revoca del provvedimento espulsivo e impugnato il relativo diniego.
Il ricorso va quindi respinto.
Le spese di giudizio possono essere nondimeno compensate tra le parti per ragioni di equità.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione terza, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 13 marzo 2008.
Il Presidente estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il… … … … … n…. … …
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione

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