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IMMIGRATI: CNEL, IN EMILIA ROMAGNA LE MAGGIORI POTENZIALITA’ DI INTEGRAZIONE =

      Roma, 20 feb. – (Adnkronos) – E’ l’Emilia Romagna la regione
italiana con il ”piu’ alto potenziale di integrazione socio
occupazionale degli immigrati”. Ma, a detenere la palma d’oro in base
alla graduatoria comparativa, cioe’ la regione a maggior potenziale
integrativo degli immigrati rispetto agli standard di vita della
popolazione locale e’ la Sardegna. Lo rivela il sesto rapporto sugli
indici di integrazione degli immigrati in Italia realizzato dal Cnel e
presentato questa mattina a Roma. Il primato dell’Emilia Romagna e’
confermato anche dall’indice di attrattivita’, che, tanto nel 2005
quanto nel 2006, la vede in testa alle regioni italiane per capacita’
di attirare e trattenere al proprio interno quanta piu’ popolazione
immigrata presente a livello nazionale.

      In particolare, all’interno di una graduatoria delle province
italiane in cui primeggia Trieste (provincia, quindi, a piu’ alto
potenziale assoluto di integrazione in Italia, che traina il ben
piazzato Friuli Venezia Giulia) sono nell’ordine le province di Reggio
Emilia (2°), Piacenza (7°) e Parma (8°) in fascia massima, a cui
seguono immediatamente Modena (12°) e Forli’-Cesena (14°) in fascia
alta, a spingere maggiormente il dato emiliano-romagnolo al vertice
della graduatoria per regioni: si tratta di ben 5 delle 9 province di
questa regione a collocarsi tra le prime 14 in tutta Italia. A qqueste
seguono, piu’ distanziate, Bologna (37°), sempre in fascia alta,
quindi Ravenna (48°), Ferrara (66°) e Rimini (71°) in fascia media.

Tuttavia, a livello di grandi aree, il Nord Ovest
torna a collocarsi al vertice, togliendo il primato detenuto con
continuita’ dal Nord Est negli anni precedenti. Questo ”sorpasso”
dell’Italia nord-occidentale e’ da attribuirsi esclusivamente al ruolo
giocato dalle due grandi regioni dell’area, il Piemonte e la
Lombardia, collocate rispettivamente in terza e quarta posizione, a
ridosso delle prime regioni di testa (Emilia Romagna e Friuli Venezia
Giulia) e prima di Trentino Alto Adige (5°) e Veneto (7°), spaccando
cosi’ a meta’ il fronte delle regioni nord-orientali.

      Gli altri due piccoli contesti del Nord Ovest si posizionano,
infatti, nelle parti inferiori della graduatoria: la Valle d’Aosta e’
16ma, ultima regione di fascia media, e la Liguria 18ma, a ridosso
dell’ultima fascia, quella ”minima”, rappresentata in fondo alla
graduatoria rispettivamente da Campania (19°) e Basilicata (20°). La
differenza di punteggio complessivo tra la stessa Basilicata (315),
all’ultimo posto, e l’Emilia Romagna (645), il Friuli Venezia Giulia
(638) o il Piemonte (626), che guidano la classifica, mostra che le
regioni di testa posseggono un potenziale di integrazione
socio-occupazionale praticamente doppio rispetto alla regione di coda.

      Lo stesso rapporto si osserva a livello di province, dove Vibo
Valentia (ultima con 291 punti) detiene un potenziale di integrazione
piu’ che dimezzato rispetto a quello di Trieste (prima con 617),
mentre, tra le grandi aree, il Nord Ovest primeggia con un potenziale
di integrazione quasi 3 volte superiore a quello del Sud Italia (630
punti contro 223).

Il primato dell’Emilia Romagna nell’indice finale
”assoluto” e’ dovuto a un piazzamento costantemente elevato tanto
nell’indice di inserimento occupazionale quanto in quello di
inserimento sociale, giacche’ occupa la terza posizione (fascia
massima) in entrambi i casi: nel primo, preceduta nell’ordine da
Lombardia e Lazio, nel secondo rispettivamente da Marche e Abruzzo.
Un’analoga circostanza si registra anche per il Friuli Venezia Giulia,
costantemente quarto nei due indici parziali e secondo nell’indice
globale, in tutti i casi immediatamente a ridosso della regione
emiliano-romagnola.

      Proprio la sostanziale costanza di piazzamenti nelle zone alte,
con escursioni assai ridotte lungo le posizioni di graduatoria anche
da un indicatore all’altro, e’ quanto assicura a questa regione la sua
preminenza complessiva, pur senza quasi mai guadagnare, in alcuno
degli indicatori di inserimento occupazionale e sociale, la posizione
piu’ alta (l’unica eccezione e’ per il tasso di naturalizzazione, ove
con 3,7 casi ogni 1.000 residenti, precede la Valle d’Aosta, con 2,9,
il Trentino Alto Adige, con 2,7, e il Friuli Venezia Giulia, con 2,5).

      Ma, avverte il rapporto, in termini ”differenziali” (cioe’
osservando le graduatorie costruite sullo scarto tra le condizioni
degli immigrati e quelle degli autoctoni negli stessi contesti
territoriali), la regione a piu’ alto potenziale di integrazione
socio-occupazionale degli immigrati rispetto agli standard di vita
della popolazione locale e’ la Sardegna, unica in fascia massima, che
dunque e’ quella che riserva ai propri immigrati un inserimento piu’
egualitario in rapporto a quello degli italiani che vivono nello
stesso territorio.

Nella graduatoria complessiva il contesto sardo
precede un gruppo di regioni di dimensioni medio-piccole (diverse
delle quali con autonomia amministrativa): si tratta nell’ordine di
Marche, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Umbria (che, insieme
alla Sardegna, rappresentano tutte le aree del paese).

      La circostanza non e’ priva di significativita’, giacche’
conferma la tesi, gia’ in passato argomentata nei Rapporti Cnel, per
cui in Italia i processi di integrazione (in questo caso considerata
in termini di parita’ di condizioni di vita e di inserimento) riescono
maggiormente ”nel piccolo”, cioe’ in contesti territorialmente e
amministrativamente ristretti in cui le relazioni umane, il rapporto
con servizi, enti e strutture, i processi di inserimento in generale
sono piu’ immediati e soffrono in misura molto piu’ ridotta del senso
di anonimato, della distanza istituzionale e delle barriere
burocratiche tipici della complessita’ dei grandi agglomerati urbani e
delle grandi articolazioni amministrative.

      A conferma di questo rilievo si deve osservare che le grandi
regioni del Centro-Nord, spesso dal potenziale ”assoluto” di
integrazione piu’ elevato rispetto al resto d’Italia, qui occupano
invece posizioni di media o bassa classifica: il Veneto e’ al 13°
posto, l’Emilia Romagna al 14° (entrambe in fascia media), la Toscana
al 16°, la Lombardia al 18° (queste ultime in fascia bassa) e il Lazio
e’ addirittura ultimo (fascia minima), con un punteggio (246) che,
paragonato a quello della regione di testa (541), indica come
quest’ultima possegga un potenziale ”relativo” di integrazione
socio-occupazionale degli immigrati che e’ doppio rispetto alla
regione della capitale.

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