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Regolarizzazione. Interpretazione allargata per la prova di presenza

Vanno bene schede telefoniche, tessere di mezzi pubblici e altri documenti rilasciati da privati che svolgono ”una funzione, un’attribuzione o un servizio pubblico”. L’Avvocatura di Stato sposa la “linea Riccardi”, dando finalmente una chance a molti lavoratori stranieri

 

Roma – 4 ottobre 2012 – Certificati medici e multe, certo, ma anche schede telefoniche, abbonamenti a mezzi pubblici o attestazioni di centri di accoglienza o di ricovero. Si allunga, e di molto, la lista dei documenti che possono attestare la presenza in Italia almeno dal 31 dicembre 2011 e che sono indispensabili per la regolarizzazione.

Tardi, forse troppo, alla fine il chiarimento è arrivato. E per fortuna ha vinto la linea Riccardi, quell’ interpretazione più estensiva di “organismo pubblico” caldeggiata dal ministero dell’integrazione che finora doveva vedersela con le chiusure dai ministeri del lavoro e dell’Interno. A metterlo nero su bianco è un parere reso oggi al governo dall’Avvocatura Generale dello Stato, (l’organo di consulenza giuridica dello Stato) che potrebbe far impennare nei prossimi (pochi) giorni le domande di regolarizzazione.

Chi sono, si chiede innanzitutto l’Avvocatura, i destinatari della regolarizzazione? “Stranieri, con posizione di irregolarità nel territorio nazionale e che pertanto, difficilmente possono vantare contatti e (quindi) documentazione rilasciata da un’amministrazione o da un ente pubblico” si legge nel parere. E già questa sembra un’implicita bacchettata alla scelta di far certificare da un “organismo pubblico” la presenza del clandestino in Italia.

Dopodiché arriva l’interpretazione della nozione di “organismo  pubblico”. Scrive l’Avvocatura: “La ratio sottesa all’adozione del più ampio termine di “organismi pubblici” è proprio quella  di includervi anche soggetti  pubblici, privati o municipalizzati che istituzionalmente o per delega svolgono una funzione o un’attribuzione pubblica o un servizio pubblico”.

Interessantissima, a questo punto, è la lista di esempi di documentazione da ritenere valida. Perché comprende “la certificazione medica proveniente da struttura pubblica” così come “il certificato di iscrizione scolastica dei figli del lavoratore”, ma “tessere nominative dei mezzi pubblici; certificazioni provenienti dalle forze pubbliche  quali sanzioni stradali, amministrative, multe di ogni genere, ecc;  titolarità di schede telefoniche di operatori italiani (quali Tim, Vodafone, Wind, 3 ecc…);  centri di accoglienza e\o di ricovero autorizzati o anche religiosi”.

Alcuni di questi documenti non arrivano da amministrazioni pubbliche, ma, nota l’Avvocatura dello Stato, sono comunque rilasciati “da soggetti che erogano servizi e/o intrattengono relazioni di carattere lato sensu pubblico, e ciò indipendentemente dalla condizione di regolarità dell’utente”. Dare un’interpretazione diversa, ammonisce il parere, “significherebbe contrastare la volontà del legislatore”.

Nello stesso parere ci sono anche altri due chiarimenti su prove fornite prima del 31 dicembre 2011 da autorità pubbliche non italiane: il timbro Schengen di un altro Paese  apposto sul passaporto del lavoratore (è il caso di chi è passato per altri Paesi europei prima di arrivare in Italia), e la documentazione rilasciata da rappresentanze diplomatiche o consolari in Italia.

Il timbro, da solo, non basta. Può infatti “attestare soltanto la presenza dello straniero, a quella data, nel territorio Schengen, non anche nel territorio nazionale”.Va quindi accompagnata da altra documentazione rilasciata da “organismi pubblici”, sempre nella vasta interpretazione data sopra.

Via libera, invece, ai documenti dei consolati. “Si tratta , infatti di documentazione proveniente comunque da Autorità pubbliche, sebbene non nazionali, rilasciata però nel territorio nazionale e ciò non può che far supporre la presenza del destinatario nel territorio nazionale”.

Il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato

Elvio Pasca

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