Consiglio di Stato – VI Sezione – Sentenza n. 3885 del 5 agosto 2008
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello presentato da un cittadino extracomunitario contro il diniego di rinnovo del suo permesso di soggiorno. Il provvedimento impugnato è stato adottato a seguito di una condanna penale, riportata per violazione delle norme dettate a tutela del diritto d’autore ed implicante la revoca del permesso di soggiorno e la contestuale espulsione con accompagnamento alla frontiera, ex art. 26, comma 7 bis del Testo Unico Immigrazione. Il Collegio non condivide le conclusioni della sentenza appellata, che ritiene irrilevante l’esclusiva riferibilità della predetta norma ai “lavoratori stranieri, che intendano svolgere nel territorio dello Stato un’attività non occasionale di lavoro autonomo”, pur essendo pacifico che, nella situazione in esame, il lavoratore interessato fosse occupato come operaio presso una ditta con contratto di lavoro a tempo determinato. Al riguardo va rispettato il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, in grado di incidere autoritativamente su diritti o interessi solo nei casi previsti dalla legge, con conseguente impossibilità, per l’interprete, di prescindere dai presupposti applicativi delle norme attributive del potere, che, nel caso di specie, vedono distinte disposizioni legislative per i lavoratori autonomi e per quelli assunti con contratto di lavoro subordinato. Solo per i primi, infatti, è previsto che la condanna per svolgimento di attività di contraffazione, o vendita di merci contraffatte, o altri reati inerenti la violazione del diritto d’autore implichi automaticamente la perdita del permesso di soggiorno; per i secondi, la normativa di riferimento è quella contenuta nell’art. 5, comma 5 del medesimo D. Lgs. n. 286/1998, secondo cui “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”. Nella situazione in esame, dovendosi provvedere al rinnovo di un permesso di soggiorno, per documentata sussistenza di attività di lavoro dipendente dello straniero interessato, la normativa applicabile non poteva che essere quella da ultimo citata, non senza valutazione della condotta, sanzionata in sede penale, ma sulla base di parametri più complessi di quelli, genericamente esposti nel provvedimento impugnato. A tale riguardo, pertanto, il Collegio ritiene fondata la censura di violazione dell’art. 26, comma 7 bis del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286, non potendosi equiparare la situazione di chi intenda soggiornare sul territorio nazionale per lo svolgimento di attività, rivelatesi illecite, con la diversa fattispecie di possibile permanenza sul medesimo territorio di chi svolga un lavoro regolare come dipendente, ma si sia reso responsabile di reati: è da considerare infatti, in quest’ultimo caso, la diversa disciplina di immediato riferimento (art. 5, comma 5 D.Lgs. n. 286/98 cit.), di modo che la rilevanza della condotta, idonea a giustificare l’immediata espulsione dei lavoratori autonomi, doveva nel caso di specie essere commisurata anche alle condizioni di vita regolari, valutabili quali “nuovi elementi” per il rinnovo richiesto, nei termini in precedenza ricordati. Per le ragioni esposte il Collegio ritiene fondato l’appello.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.3885/08
Reg.Dec.
N. 6802 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 6802/07, proposto dal signor NIANG ABDOUL AZIZ SY, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Marino ed elettivamente domiciliato presso il dott. Alfredo Placidi in Roma, via della Cosseria, 2;
contro
MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato in Roma via dei Portoghesi n. 12;
QUESTURA DI PESCARA, in persona del Questore p.t., non costituita;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione di Pescara, n. 484/07 del 28.6.2007;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza in data 8 aprile 2008, il Consigliere Gabriella De Michele;
Uditi l’avv. Quinto per delega dell’avv. Marino e l’avv. dello Stato Cimino,
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con atto di appello notificato in data 7.8.2007 si impugna la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione di Pescara, n. 484/07 del 28.6.2007 (che non risulta notificata), con la quale veniva respinto il ricorso del sig. Niang Abdoul Aziz Sy avverso il diniego di rinnovo del proprio permesso di soggiorno, diniego emesso con provvedimento del Questore di Pescara n. prot. 88/06 del 30.11.2006 e giustificato da una sentenza di condanna, riportata dallo straniero interessato per concorso in reati, riconducibili a violazione delle norme dettate a protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi (art. 110 cod. pen. e art. 171 ter L. 22.4.1941, n. 633, come successivamente modificata ed integrata). Nella citata sentenza n. 484/07 – emessa dal Giudice Amministrativo in forma semplificata ex art. 26, c. 4 L. 6.12.1971, n. 1034, nel testo introdotto dall’art. 9 L. 21.7.2000, n. 205 – si rilevava la sufficienza della predetta condanna quale causa ostativa del rinnovo di cui trattasi, indipendentemente dal fatto che fosse stata applicata nel caso di specie una norma (art. 26, comma 7 del D.Lgs. n. 286/1998) riferita a “lavoro autonomo”, mentre il permesso di soggiorno di cui trattasi risultava fin dall’inizio (4.11.2003) rilasciato e successivamente rinnovato per attività di lavoro dipendente, ancora in corso alla data dell’intervenuto diniego. La sentenza di condanna in questione sarebbe stata infatti, secondo il Giudice Amministrativo di primo grado, “documentativa dell’oggettività del fatto commesso” ed a tale riguardo “la qualità personale di lavoratore autonomo e/o subordinato” avrebbe dovuto ritenersi “del tutto indifferente”.
Avverso la suddetta pronuncia, nonché avverso il contestato diniego, nell’atto di appello vengono ribaditi i seguenti motivi di gravame:
1) violazione o falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 26, comma 7 bis del D.Lgs. n. 286/98, nonché dei criteri di interpretazione della legge ed eccesso di potere, non essendo stata correttamente applicata una normativa, che prevede l’espulsione dal territorio nazionale per chi su tale territorio intenda soggiornare per svolgere, in qualità di lavoratore autonomo, attività illecite, come quelle inerenti alla contraffazione di merci, mentre la medesima esigenza non potrebbe essere avvertita con riferimento al lavoro subordinato, “atteso che l’attività lavorativa in quest’ultimo caso è svolta sotto l’altrui direzione, controllo e responsabilità”.
2) omessa pronuncia in ordine al difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
L’Amministrazione appellata, costituitasi in giudizio, resiste formalmente all’accoglimento del gravame.
DIRITTO
La questione sottoposta all’esame del Collegio è quella della avvenuta emanazione, o meno, dell’atto impugnato in primo grado in conformità alla disciplina vigente, essendo stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno ad un cittadino extracomunitario a seguito di condanna penale, riportata per violazione delle norme dettate a tutela del diritto d’autore ed implicante “revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero ed espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera”, a norma dell’art. 26, comma 7 bis del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286 (Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione).
A tale riguardo il Collegio non condivide le conclusioni della sentenza appellata, che ritiene irrilevante l’esclusiva riferibilità della predetta norma, ex art. 26 cit., comma 1, ai “lavoratori stranieri non appartenenti all’Unione Europea, che intendano svolgere nel territorio dello Stato un’attività non occasionale di lavoro autonomo”, pur essendo pacifico che – nella situazione in esame – il lavoratore interessato fosse occupato come operaio presso una Ditta (R.E.A. CARNI), con contratto di lavoro a tempo determinato.
Sembra appena il caso di ricordare, al riguardo, il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, in grado di incidere autoritativamente su diritti o interessi solo nei casi previsti dalla legge, con conseguente impossibilità, per l’interprete, di prescindere dai presupposti applicativi delle norme attributive del potere: presupposti che, nel caso di specie, vedono distinte disposizioni legislative per i lavoratori autonomi e per quelli assunti con contratto di lavoro subordinato.
Solo per i primi, infatti, è previsto che la condanna per svolgimento di attività di contraffazione, o vendita di merci contraffatte, o altri reati inerenti la violazione del diritto d’autore implichi automaticamente la perdita del permesso di soggiorno; per i secondi, la normativa di riferimento è quella contenuta nell’art. 5, comma 5 del medesimo D.Lgs. n. 286/1998, secondo cui “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.
Tra le circostanze che precludono il rilascio del permesso di soggiorno (e quindi, in base alla norma sopra riportata, anche il rinnovo del medesimo) l’art. 4, comma 3 del medesimo D.Lgs. – nel testo introdotto dall’art. 4, comma 1, della legge 30.7.2002, n. 189 – pone espressamente il caso in cui lo straniero “risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2 del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dall’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.
Nella situazione in esame, dovendosi provvedere al rinnovo di un permesso di soggiorno, per documentata sussistenza di attività di lavoro dipendente dello straniero interessato, la normativa applicabile non poteva che essere quella da ultimo citata, non senza valutazione della condotta, sanzionata in sede penale, ma sulla base di parametri più complessi di quelli, genericamente esposti nel provvedimento impugnato.
A tale riguardo, pertanto, il Collegio ritiene fondata ed assorbente la censura di violazione dell’art. 26, comma 7 bis del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286, non potendosi equiparare la situazione di chi intenda soggiornare sul territorio nazionale per lo svolgimento di attività, rivelatesi illecite, con la diversa fattispecie di possibile permanenza sul medesimo territorio di chi svolga un lavoro regolare come dipendente, ma si sia reso responsabile di reati: è da considerare infatti, in quest’ultimo caso, la diversa disciplina di immediato riferimento (art. 5, comma 5 D.Lgs. n. 286/98 cit.), di modo che la rilevanza della condotta, idonea a giustificare l’immediata espulsione dei lavoratori autonomi, doveva nel caso di specie essere commisurata innanzitutto alle circostanze, implicanti “ex se” diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per i lavoratori dipendenti; quanto sopra, non senza ulteriore valutazione del carattere abituale o episodico della condotta illecita di cui si discute, nonché della relativa consistenza, al fine di considerare se – ove pure non fosse ravvisabile una fattispecie tipica di diniego per condanna penale, ai sensi della norma da ultimo citata – sussistessero comunque i presupposti per ritenere che il soggetto interessato traesse i propri mezzi di sostentamento anche (se non addirittura in prevalenza, con oggettiva assimilabilità – solo in tal caso – al lavoratore autonomo) da fonti di guadagno illecite ex art. 171 ter L. 633/1941, o se risultassero, al contrario, stabilizzate condizioni di vita regolari, valutabili anche quali “nuovi elementi” per il rinnovo richiesto, nei termini in precedenza ricordati.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con annullamento – ai fini del riesame – del provvedimento impugnato in primo grado di giudizio; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, ACCOGLIE l’appello n. 6802/07 e, per l’effetto, ANNULLA la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione di Pescara, n. 484/07 del 28.6.2007 e, in riforma della medesima, annulla altresì il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno n. 88 del 30.11.2006, nei termini di cui in motivazione; COMPENSA le spese giudiziali.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale – Sez.VI – nella Camera di Consiglio in data 8 aprile 2008, con l’intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Bruno Rosario Polito Consigliere
Gabriella De Michele Consigliere Est.
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere Segretario
GABRIELLA DE MICHELE GLAUCO SIMONINI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 4/08/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
p.Il Direttore della Sezione
GLAUCO SIMONINI
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero………………………………………………………………………………….
a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria