TAR Brescia Sentenza n. 1725 del 9 dicembre 2008 Automatico diniego rinnovo permesso in presenza indici negativi permanenza straniero
E’ legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno in presenza di condotte considerate ex sé ostative alla permanenza dello straniero nel territorio nazionale. La legge italiana (art. 4, comma 3, del D. Lgs. n. 286 del 1998), infatti, nel prevedere la non ammissione e l’impossibilità di continuare il soggiorno in Italia per quei cittadini di origine extracomunitaria che siano stati condannati per determinate categorie di reati oggettivamente gravi e che comunque destano particolare allarme sociale, introduce un automatismo che opera solo nel caso in cui la responsabilità del cittadino straniero risulta essere stata accertata dall’Autorità Giudiziaria a seguito di procedimento penale e conclusiva sentenza di condanna nei suoi confronti. In altri termini, il citato art. 4 D. Lgs, n. 189/2002, individua una serie di condotte, quelle integratrici delle fattispecie criminali menzionate dalla norma, e le considera come oggettivi indici di pericolosità sociale. Esse, dunque, vengono considerate dalla legge come requisiti individuali negativi, ostativi all’inserimento dello straniero nella comunità nazionale. Alla luce di ciò, quindi, la presenza di una condanna per stupefacenti di per sé sola è in grado di sorreggere il diniego. Irrilevante è la circostanza che, in sede penale, al cittadino straniero sia stata concessa la sospensione condizionale della pena fondata su un giudizio prognostico fatto dal giudice per valutare l’eventuale possibilità di reiterazione dei reati già commessi. In sede amministrativa, invece, si verifica (cfr. TAR Parma 26 gennaio 2006 n. 21) un automatico impedimento al rinnovo del permesso di soggiorno, senza necessità di un’autonoma valutazione della concreta pericolosità sociale, in quanto si tratta di una preclusione che non costituisce un effetto penale, ovvero una sanzione accessoria alla condanna, bensì un effetto amministrativo che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’avere riportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di pericolosità sociale o, quanto meno, di riprovevolezza (non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto nel Paese dallo straniero.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
N. 01725/2008 REG.SEN.
N. 01782/2005 REG.RIC.
Sul ricorso numero di registro generale 1782 del 2005, proposto da:
Minaoui Abdelouahed, rappresentato e difeso dagli avv. Aldo Luca Nobili Ambrosini, Marco Capra, con domicilio eletto presso Marco Capra in Brescia, c.so Magenta, 69 (Fax=030/2899063);
contro
Questore di Brescia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6 (Fax=030/41267);
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
DEL PROVV. QUEST. 12.10.2005 CAT.A.12/IMM/2^SEZ. DI RIGETTO ISTANZA RINNOVO PERMESSO DI SOGGIORNO..
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Questore di Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27/11/2008 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
In data 7.9.2005 il cittadino extracomunitario Minaoui Abdelouahmed richiedeva alla Questura di Brescia il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato in scadenza il 9.7.2005.
Con l’atto in questa sede impugnato il rinnovo è stato negato, avendo la Questura rilevato che il predetto “è stato condannato in data 17.9.2003 con sentenza del Tribunale di Bergamo – sez- distaccata di Treviglio-, irrevocabile dal 23.2.2004 per traffico illecito di sostanze stupefacenti in concorso ai sensi dell’art. 73 comma 5 del DPR 309/90, 62 bis C.P. alla pena di mesi 8 di reclusione e al pagamento di € 1.400,00 di multa;
ritenuto quindi che il cittadino de quo non soddisfi le condizioni richieste dalle vigenti disposizioni per la permanenza sul territorio italiano in quanto il fenomeno dello spaccio di droga crea un elevato allarme sociale contro il quale l’autorità di P.S. nell’esercizio della sua fondamentale funzione di Polizia di Prevenzione ha l’obbligo giuridico di adottare tutti i provvedimenti e le misure necessarie sia di carattere preventivo che repressivo”.
Il ricorrente deduce che la condanna a 8 mesi di reclusione non può ritenersi di per sé sola indicativa di pericolosità sociale, posto che il ricorrente risiede da 7 anni sul T.N. e non ha, in tale periodo, riportato altre condanne e che inoltre allo stesso è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Inoltre, il ricorrente propone questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 c. 3 D.lgs. 286/98 (richiamando le ord. nn. 683/03, 1990/03, 927/04 e 613/05 della Sezione).
Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione dell’Interno, contestando il fondamento del gravame.
Alla Camera di consiglio del 17.5.2007 (ord. N. 1782/07), la Sezione ha rigettato la domanda di sospensione degli effetti dell’atto impugnato.
Alla pubblica udienza del 27.11.2008 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Con il ricorso all’esame, il cittadino extracomunitario Minaoui Abdelouahmed impugna il decreto del Questore di Brescia di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, motivato con il rilievo che il richiedente “è stato condannato in data 17.9.2003 con sentenza del Tribunale di Bergamo – sez- distaccata di Treviglio-, irrevocabile dal 23.2.2004 per traffico illecito di sostanze stupefacenti in concorso ai sensi dell’art. 73 comma 5 del DPR 309/90, 62 bis C.P. alla pena di mesi 8 di reclusione e al pagamento di € 1.400,00 di multa”.
Il ricorrente deduce che la condanna a 8 mesi di reclusione non può ritenersi di per sé sola indicativa di pericolosità sociale, posto che il ricorrente risiede da 7 anni sul T.N. e non ha, in tale periodo, riportato altre condanne e che inoltre allo stesso è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Inoltre, il ricorrente propone questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 c. 3 D.lgs. 286/98 (richiamando le ord. nn. 683/03, 1990/03, 927/04 e 613/05 della Sezione).
Il ricorso non risulta fondato.
Sotto un profilo d’ordine generale, va rilevato (cfr. TRGA Trento 27.3.2006 n. 101, 3.4.2006 n. 107 e 19.2.2007 n. 25) che l’art. 4, comma 3, del D. Lgs. n. 286 del 1998 (come modificato dall’art. 4 comma 1 lett. b della legge 30.7.2002 n. 189 c.d. Bossi-Fini), nel prevedere la non ammissione e l’impossibilità di continuare il soggiorno in Italia per quei cittadini di origine extracomunitaria che siano stati condannati per determinate categorie di reati oggettivamente gravi e che comunque destano particolare allarme sociale, introduce un automatismo che opera solo nel caso in cui la responsabilità del cittadino straniero risulta essere stata accertata dall’Autorità Giudiziaria a seguito di procedimento penale e conclusiva sentenza di condanna nei suoi confronti.
In altri termini, il citato art. 4 D. Lgs, n. 189/2002, individua una serie di condotte, quelle integratrici delle fattispecie criminali menzionate dalla norma, e le considera come oggettivi indici di pericolosità sociale. Esse, dunque, vengono considerate dalla legge come requisiti individuali negativi, ostativi all’inserimento dello straniero nella comunità nazionale.
Il riferimento legislativo alle inerenti condanne deve quindi ritenersi come volto ad individuare i fatti probanti (cioè le condanne) la sussistenza di quei requisiti negativi.
Trattasi, in definitiva, di una valutazione di pericolosità sociale già effettuata dal legislatore che ha ritenuto, del tutto ragionevolmente e nell’ambito della discrezionalità che gli compete, la sussistenza di tale elemento nella responsabilità del soggetto, accertata giudizialmente, per la commissione di reati di particolare gravità (cfr., sul punto, TAR Parma 7.4.2005 n. 207).
La norma in questione non consente all’Amministrazione alcuna autonoma valutazione in ordine ai fatti oggetto del giudizio penale derivando in modo del tutto automatico dalla sentenza penale la preclusione al rinnovo del permesso di soggiorno (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 2866 del 17.5.2006).
In tale contesto, va poi posto in luce che la disposizione così come sopra interpretata non suscita dubbi di costituzionalità, poiché non appare irragionevole una norma che limita l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale degli stranieri a seconda che questi abbiano commesso reati sanzionati con pene superiori a determinate soglie o comunque ritenuti di particolare pericolosità sociale nell’attuale momento storico (cfr. TAR Parma 21 febbraio 2006 n. 60 e TAR Umbria 28 dicembre 2005 n. 638).
E infatti la Corte costituzionale, con la sentenza n. 148 del 2008, ha osservato che: “la principale norma concernente la condizione giuridica dello straniero – attualmente, extracomunitario – è quella dell’art. 10, comma secondo, Cost., la quale stabilisce che essa «è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali», rilevando quindi che: “Da tale disposizione si può desumere che, per quanto concerne l’ingresso e la circolazione nel territorio nazionale (art. 16 Cost.), la situazione dello straniero non è uguale a quella dei cittadini, dall’altro, che il legislatore, nelle sue scelte, incontra anzitutto i limiti derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute ed eventualmente dei trattati internazionali applicabili ai singoli casi”.
Inoltre, la Corte ha ritenuto che non sia manifestamente irragionevole condizionare l’ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale alla circostanza della mancata commissione di reati di non scarso rilievo, osservando che la condanna per un delitto punito con la pena detentiva, la cui configurazione è diretta a tutelare beni giuridici di rilevante valore sociale – quali sono le fattispecie incriminatrici prese in considerazione dalla normativa censurata – non può, di per sé, essere considerata circostanza ininfluente ai fini di cui trattasi. E ciò in quanto il rifiuto del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno non costituisce sanzione penale, sicché il legislatore ben può stabilirlo per fatti che, sotto il profilo penale, hanno una diversa gravità, valutandolo misura idonea alla realizzazione dell’interesse pubblico alla sicurezza e tranquillità, anche se ai fini penali i fatti stessi hanno ricevuto una diversa valutazione.
Passando alla disamina della posizione del ricorrente, va rilevato che l’impugnato decreto del Questore di Brescia ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno del ricorrente per la riscontrata sussistenza di condanna penale a 8 mesi di reclusione ed € 1.400,00 di multa per traffico di sostanze stupefacenti (ex art. 73 c. 5 del DPR 309/90).
Per quanto si è detto la presenza di condanna per stupefacenti di per sé sola è in grado di sorreggere il diniego.
Irrilevante è la circostanza che, in sede penale, al cittadino straniero sia stata concessa la sospensione condizionale della pena.
Infatti, il giudizio ai fini della concessione del beneficio in sede penale è un giudizio prognostico effettuato dal giudice penale al diverso fine di valutare l’eventuale possibilità di reiterazione dei reati già commessi.
In sede amministrativa, invece, si verifica (cfr. TAR Parma 26 gennaio 2006 n. 21) un automatico impedimento al rinnovo del permesso di soggiorno, senza necessità di un’autonoma valutazione della concreta pericolosità sociale, in quanto si tratta di una preclusione che non costituisce un effetto penale, ovvero una sanzione accessoria alla condanna, bensì un effetto amministrativo che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’avere riportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di pericolosità sociale o, quanto meno, di riprovevolezza (non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto nel Paese dallo straniero.
La natura della controversia, afferente all’interesse primario della persona a stabilirsi sul territorio nazionale, suggerisce di compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia – definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 27/11/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere, Estensore
Stefano Tenca, Primo Referendario
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/12/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO