TAR della Lombardia sentenza del 18 giugno 2008 mancato rilascio permesso motivi familiari in assenza affidamento
TAR della Lombardia Milano, Sezione III, sentenza n. 2086 del 18 giugno 2008 legittimo diniego rilascio permesso per motivi familiari in assenza affidamento.
Il Tribunale Regionale Amministrativo di Milano ha respinto il ricorso presentato da un cittadino albanese contro il rigetto dell’istanza volta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari.
Il ricorrente, entrato in Italia quando era ancora minorenne, aveva richiesto alla Questura di Milano, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari sulla base di un atto formale con il quale i genitori del minore “affidavano” il loro figlio al datore di lavoro in Italia.
Tale istanza era stata rigettata dall’autorità amministrativa con provvedimento del 08/10/2004, impugnato in questa sede, in quanto il ricorrente era divenuto nel frattempo maggiorenne e non poteva essergli pertanto rilasciato un permesso di soggiorno per minore età; né, secondo la Questura, avrebbe potuto essergli rilasciato un permesso per motivi di lavoro o di studio, atteso che allo stesso non erano state applicate le misure di cui all’art. 31, commi 1 e 2, del d.lgs. 286/98.
Alla base di tale decisione vi è il disconoscimento, da parte dell’Autorità Amministrativa, della sussistenza di un atto di affidamento del minore efficace per la legge italiana.
Dalla lettura del provvedimento impugnato emerge che l’autorità amministrativa, prima di respingere il ricorso, ha proceduto ad effettuare una valutazione circa la possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno ad altro titolo, così come richiesto l’art. 5, comma 9 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 escludendo che ciò potesse accadere per mancanza dei presupposti di fatto e di diritto.
T.A.R. Lombardia–Milano – Sez. III – Sentenza 17 giugno 2008, n. 2086
N. 2086/08 Reg. Sent.
N. 2591/06 Reg. Ric.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
(Sezione III)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 2591/06 proposto da Lamay Klejdi rappresentato e difeso dagli avv. Mario Tartaglia, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Viale Piave n. 5;
contro
Questura di Milano, in persona del Questore pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato presso gli uffici di quest’ultima in Milano via Freguglia n. 1;
per l’annullamento
– del Provvedimento emesso dal questore della provincia di Milano in data 08/10/2003 nr. 836/2004 Imm, con cui è stato disposto il rigetto dell’istanza presentata dal sig. Lamay in data 25/09/2003 volta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno.
VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio del Ministero degli Interni;
VISTI gli atti tutti della causa;
Nominato relatore alla pubblica udienza del 22 maggio 2008 il ref. Stefano Cozzi;
Uditi l’avv. Sanfilippo per il ricorrente, e l’avv. Caridi dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, per l’amministrazione resistente;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. Lamay , nato in Albania il 03/01/1986, è entrato in Italia nell’anno 2003 quando era ancora minorenne al fine di svolgere attività lavorativa presso l’impresa del sig. Zotay Farudin, anch’egli albanese e titolare di permesso di soggiorno; costui, oltre ad essere datore di lavoro del ricorrente, era anche il soggetto al quale i genitori dello stesso avevano inteso affidare il loro figlio attraverso un atto formato nel suddetto paese.
In data 25 settembre 2003, il sig. Lamay inoltrava quindi alla Questura di Milano istanza volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari.
Tale istanza è stata rigettata dal’autorità amministrativa con provvedimento del 08/10/2004, impugnato in questa sede, disposto in quanto il ricorrente era divenuto nel frattempo maggiorenne e non poteva essergli pertanto rilasciato un permesso di soggiorno per minore età; né, secondo la Questura, avrebbe potuto essergli rilasciato un permesso per motivi di lavoro o di studio, atteso che allo stesso non erano state applicate le misure di cui all’art. 31, commi 1 e 2, del d.lgs. 286/98.
Costituitosi in giudizio, il Ministero dell’Interno chiede il rigetto del ricorso.
Alla base di tale decisione vi è evidentemente il disconoscimento, da parte dell’autorità amministrativa, della sussistenza di un atto di affidamento del minore efficace per la legge italiana, giacché in caso contrario la mancata applicazione delle suddette misure non avrebbe costituito elemento ostativo.
La Sezione con ordinanza n.2372 del 21 dicembre 2006 ha accolto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, rilevando che “la questione sottoposta all’esame del Tribunale col presente ricorso necessita di un approfondimento incompatibile con la…fase cautelare”.
Tenutasi l’udienza di discussione del merito in data 22 maggio 2008, il ricorso è stato trattenuto dal Collegio per la decisione.
2. Con il primo mezzo il ricorrente lamenta la mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, nonché della preavviso di rigetto contemplato dall’art. 10 bis della legge 241/90.
Il motivo è infondato.
2.1 Per ciò che concerne la mancata comunicazione del preavviso di rigetto prevista dall’art 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, occorre rilevare che il provvedimento impugnato è stato adottato in data 8 ottobre 2004, e quindi prima dell’emanazione della legge .15/2005, che ha introdotto il succitato obbligo; l’amministrazione pertanto non poteva fare applicazione di tale norma e non era all’epoca tenuta ad adempiere a tale incombenza.
Per ciò che concerne invece l’avviso di avvio del procedimento previsto dagli articoli 7 e 8 della legge 241/90, il Ministero dell’Interno ha depositato in giudizio una copia di una comunicazione disposta in applicazione delle succitate norme, che reca in calce una dichiarazione sottoscritta dal ricorrente, il quale attesta di averla ricevuta in data 7 settembre 2004.
La doglianza è quindi infondata in punto di fatto.
3. Con il secondo motivo viene censurata la violazione dell’art. 5, comma 9, del d.lgs. 286/98, giacché l’amministrazione, secondo il ricorrente, accertata l’impossibilità di accogliere l’istanza avanzata per motivi familiari, avrebbe dovuto valutare la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.
3.1 Effettivamente, l’art. 5, comma 9 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 dispone che “Il permesso di soggiorno è rilasciato……….se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico”.
La norma impone quindi all’amministrazione, prima di rigettare l’istanza, di non limitarsi all’accertamento dei presupposti specificamente previsti per la tipologia di permesso di soggiorno richiesto, ma di verificare altresì la sussistenza di altri presupposti relativi ad altre tipologie di permesso.
Anche questo motivo tuttavia è infondato in punto di fatto.
Dalla lettura del provvedimento impugnato emerge che l’autorità amministrativa, prima di respingere il ricorso, ha proceduto ad effettuare una valutazione circa la possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno ad altro titolo, così come richiesto dalla succitata norma, escludendo che ciò potesse accadere per mancanza dei presupposti di fatto e di diritto.
In particolare, la Questura di Milano, lungi dal disporre il rigetto senza procedere al vaglio di altre ipotesi che avrebbero consentito il rilascio del permesso di soggiorno ad altro titolo, si è interrogata sulla possibilità di accordare un permesso per motivi di studio, accesso al lavoro, lavoro subordinato o autonomo, pervenendo ad una conclusione negativa, sull’assunto che l’interessato sarebbe da considerare un “minore non accompagnato” ai sensi del d.P.R. n. 535/1999, con la conseguenza che, nel caso di specie, si dovrebbero applicare i commi 1-bis e 1-ter dell’art. 32 del d.lgs. n. 286 cit., regolanti il rilascio del permesso di soggiorno in favore, per l’appunto, dei minori stranieri non accompagnati.
Il provvedimento ha invero escluso la possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, in ragione del difetto dei requisiti previsti dal citato art. 32, comma 1-ter (secondo cui l’Ente gestore del progetto di integrazione sociale e civile previsto dal comma 1-bis deve garantire e dimostrare che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, ha seguito il progetto per non meno di due anni, dispone di un alloggio e frequenta corsi di studio, ovvero svolge attività lavorativa retribuita, o è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato).
Tali profili ostativi non hanno formato oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, il quale si è limitato a sostenere erroneamente che l’amministrazione non avrebbe valutato la sussistenza di presupposti diversi da quelli previsti per il rilascio del permesso di soggiorno specificamente richiesto (per motivi familiari), laddove invece l’amministrazione ne ha escluso la ricorrenza per le ragioni indicate.
Ne consegue l’infondatezza del motivo nei termini in cui lo stesso risulta formulato.
4. Richiamando le considerazioni che precedono il ricorso deve essere in respinto.
Sussistono nondimeno giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 22 maggio 2008, con l’intervento dei magistrati:
Domenico Giordano – Presidente
Stefano Cozzi – Referendario est.
Dario Simeoli – Referendario