TAR Trentino Alto Adige Sentenza del 15 gennaio 2009 diniego rinnovo pds per reati in materia di stupefacenti.
TAR Trentino Alto Adige Sentenza n. 21 del 15 gennaio 2009 diniego rinnovo pds per reati in materia di stupefacenti.
Nel caso di specie, il ricorrente cittadino tunisino, ha presentato ricorso contro il decreto emesso in data 6.10.2007, con il quale il Commissario del Governo per la Provincia di Trento ha respinto il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente contro il decreto del Questore di Trento 9.5.2007 di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, con scadenza al 31.10.2006. Il diniego, confermato dal Commissario del Governo, era stato motivato con riferimento alle condanne penali per reati in materia di stupefacenti, riportate dal ricorrente nel 2000, 2001 e 2006, senza che l’istante si sia medio tempore positivamente inserito nella società, nonché alla luce del fatto che l’ultima condanna è recente e non sono sopraggiunti nuovi elementi favorevoli all’istante.
La questione prospettata al Collegio verte sulla contestata applicazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286, come modificato dal D.Lgs. 8.1.2007, n. 5, secondo cui “nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”.
Per il Collegio, tuttavia, le condanne penali per spaccio di stupefacenti rientrano fra le cause ostative al rilascio o al successivo rinnovo del permesso di soggiorno. In casi del genere, il diniego di rinnovo ha carattere vincolato, non essendo consentita la permanenza sul territorio nazionale di stranieri, per i quali la pericolosità sociale è individuata dallo stesso legislatore, in relazione alla riconosciuta colpevolezza, in sede penale, per le dette tipologie di reati.
E’ quindi, legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno e il ricorso viene respinto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
DEL TRENTINO-ALTO ADIGE – SEDE DI TRENTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 15 del 2008 proposto da NAOUFEL BEN MRAD, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Franchi e domiciliato presso la Segreteria di questo Tribunale ex art. 35 del R.D. 26.6.1924, n. 1054
CONTRO
il MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSARIATO DEL GOVERNO PER LA PROVINCIA DI TRENTO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento nei cui uffici in Largo Porta Nuova, n. 9 è per legge domiciliata
per l’annullamento
del decreto n. prot. W.A. 22555/2007/Proc. 5366/2007, emesso in data 6.10.2007 e notificato in data 26.10.2007, con il quale il Commissario del Governo per la Provincia di Trento ha respinto il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente contro il decreto del Questore di Trento 9.5.2007 di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno 11.12.1995 n. G647010 per motivi di lavoro autonomo, con scadenza al 31.10.2006.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione;
Vista la propria ordinanza 31.1.2009 n. 10 con cui è stata respinta l’istanza cautelare proposta dal ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 18.12.2008 – relatore il consigliere Lorenzo Stevanato – i difensori delle parti come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Con atto notificato in data 24.12.2007, tempestivamente depositato il 18.1.2008, il ricorrente, cittadino tunisino, ha chiesto l’annullamento del decreto con il quale il Commissario del Governo per la Provincia di Trento ha respinto il ricorso gerarchico proposto contro il provvedimento del Questore di Trento 9.5.2007 di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, con scadenza al 31.10.2006.
Il diniego, confermato dal Commissario del Governo, è stato motivato con riferimento alle condanne penali per reati in materia di stupefacenti, riportate dal ricorrente nel 2000, 2001 e 2006, senza che l’istante si sia medio tempore positivamente inserito nella società, nonché alla luce del fatto che l’ultima condanna è recente e non sono sopraggiunti nuovi elementi favorevoli all’istante.
Il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2 della L. 7.8.1990, n. 241 per il ritardo della determinazione del Questore sull’istanza del ricorrente ed erronea applicazione di legge in quanto le condanne del 2000 e 2001 non potrebbero essere valorizzate, in quanto precedenti alla normativa introdotta con la L. 30.7.2002, n. 189. Circa la condanna del 2006, nel casellario giudiziale risulterebbe “NULLA”.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, che ha controdedotto puntualmente e richiesto la reiezione del ricorso.
Venendo all’esame delle censure dedotte, è anzitutto infondata quella di violazione dell’art. 2 della L. n. 241 del 1990.
Invero, l’inosservanza del termine previsto dal citato art. 2 per la conclusione di un procedimento amministrativo non rende di per sé illegittimo il provvedimento tardivamente adottato, in quanto il termine imposto alla pubblica Amministrazione per la conclusione del procedimento ha lo scopo di garantire la posizione dell’amministrato, al quale la legge riconosce l’interesse alla conclusione del procedimento che lo riguarda. In altri termini, è l’inerzia che è illegittima e non la successiva pronuncia, che seppure tardivamente intervenuta fa venir meno tale illegittimità; del resto, in caso di violazione del termine, l’interessato può avanzare ricorso avverso il silenzio – inadempimento in sede giurisdizionale e conseguire, mediante tale via, la conclusione del procedimento.
Nel merito, la questione prospettata al Collegio verte sulla contestata applicazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286, come modificato dal D.Lgs. 8.1.2007, n. 5, secondo cui “Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”.
Il comma 3 dell’art. 4 del ricordato D.Lgs. n. 286 del 1998, come modificato dalla L. n. 189 del 2002 e successivamente dal D.Lgs. n. 5 del 2007, a sua volta prescrive che “…Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite….”
Dunque, le condanne penali per spaccio di stupefacenti rientrano fra le cause ostative al rilascio o al successivo rinnovo del permesso di soggiorno. In casi del genere, il diniego di rinnovo ha carattere vincolato, non essendo consentita la permanenza sul territorio nazionale di stranieri, per i quali la pericolosità sociale è individuata dallo stesso legislatore, in relazione alla riconosciuta colpevolezza, in sede penale, per le dette tipologie di reati.
Quanto sopra è coerente con la necessità di disciplinare il fenomeno immigratorio con la salvaguardia dell’incolumità della popolazione e dell’ordine pubblico, riservata restando la possibilità della Questura di valutare nuove circostanze che escludano pregressi fattori di allarme sociale (cfr., ad. es.: Cons. St., VI, 25.6.2008, n. 3222)
Nella presente fattispecie è, quindi, legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno disposto nei confronti del ricorrente che si era reso colpevole del reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, accertato con sentenza n. 21 emessa dal Tribunale di Rovereto in data 21.2.2006 (doc. n. 4 prodotto dall’amministrazione).
Irrilevante si palesa, quindi, la censura che le altre due condanne citate dall’amministrazione nel provvedimento impugnato siano anteriori alla legge n. 189 del 2002, essendo sufficiente a sorreggere il provvedimento impugnato la sola condanna riportata nel 2006.
Quest’ultima, essendo recente, è univocamente indicativa del mancato inserimento sociale del ricorrente, in quanto dimostra perseveranza in condotte criminose ed esclude sopravvenienze favorevoli all’instante.
Peraltro, dalla motivazione del provvedimento impugnato emerge anche mediante il richiamo alle controdeduzioni della Questura (rapporto del 14.9.2007), lo svolgimento di una complessiva valutazione della situazione del soggetto basata, oltre che sulle condanne in materia di stupefacenti, anche sulla disgregazione della famiglia (la moglie si è trasferita in Sicilia, ove ha ottenuto un permesso di soggiorno ed il figlio è rientrato in Tunisia).
Irrilevante è, infine, la circostanza che le condanne non siano menzionate nel casellario giudiziale.
Conclusivamente, per le ragioni che precedono il ricorso è infondato e va respinto.
Concorrono, peraltro, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo respinge.
Spese compensate.
Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 18.12.2008, con l’intervento dei Magistrati:
dott. Francesco Mariuzzo – Presidente
dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere estensore
dott. Fiorenzo Tomaselli – Consigliere
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 15 gennaio 2009
Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel