TAR Veneto, Venezia, Sezione III, Sentenza n. 3085 del 30 settembre 2008.
E’ legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dell’istante in quanto dai rilievi fotodattiloscopici a carico dello stesso sono emerse delle precedenti identificazioni sotto false generalità e due condanne.
Il diniego oggetto di impugnazione si fonda su due autonomi e concorrenti capi motivazionali: il giudizio di pericolosità e l’insufficiente grado di inserimento sociale.
Per quanto riguarda il giudizio di pericolosità sociale vi è da premettere che costituisce tipica espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione finalizzato alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, e come tale deve ritenersi sottratto al sindacato di legittimità, salvo che per illogicità, manifesta irragionevolezza o falsi presupposti di fatto, che nel caso di specie non appaiono sussistere in quanto le considerazioni svolte dalla Questura appaiono immuni da vizi logici.
Nel caso all’esame la Questura ha valutato in concreto la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 1 della legge n. 1423 del 1956, espressamente richiamato nel provvedimento, in relazione alla peculiarità, reiterazione e gravità dei fatti commessi e per la mancanza di elementi atti a bilanciare l’insufficiente grado di inserimento sociale che detti fatti denotano (per quanto riguarda il nucleo familiare la moglie risulta titolare di un permesso di soggiorno – non prorogabile – per cure mediche e le dichiarazioni dei redditi relative a lavoro autonomo svolto dal ricorrente indicano importi esigui).
Il profilo esaminato comporta di per sé la reiezione del ricorso.
Vi è tuttavia da soggiungere che, in ogni caso, la seconda delle condanne riportate, intervenuta successivamente all’entrata in vigore della legge 31 luglio 2002, n. 189 e relativa ad un reato in materia di stupefacenti appartenente a quelli menzionati dall’art. 4, comma 3, del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, ai sensi dell’art. e 5, comma 5, ha carattere automaticamente ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno e il rigetto dell’istanza rappresenta pertanto esercizio di attività vincolata in quanto, contrariamente a quanto dedotto, ai fini della valutazione dell’elemento ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno ciò che rileva è il momento dell’accertamento del reato con conseguente irrogazione della pena e non il momento della commissione del fatto.
Il Tribunale amministrativo condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Amministrazione, liquidandole in € 2000,00 per spese, diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti Presidente
Marco Buricelli Consigliere
Stefano Mielli Referendario, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1959/07 proposto da HALFOUN FOUAD, rappresentato e difeso dall’avv. Claudia Pedrini, con domicilio con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054;
contro
l’Amministrazione dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge;
per l’annullamento
del provvedimento di rifiuto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno n. N500435, notificato il 27.7.2007.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno depositata il 2 novembre 2007;
visti gli atti tutti di causa;
udito nella pubblica udienza del 3 luglio 2008 – relatore il referendario Stefano Mielli – l’avv. Pedrini per la parte ricorrente;
ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO E DIRITTO
La Questura della provincia di Verona con il provvedimento impugnato ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dall’istante in quanto dai rilievi fotodattiloscopici a carico dello stesso sono emerse delle precedenti identificazioni sotto false generalità e due condanne, la prima delle quali pronunciata il 19 maggio 1998 per i reati di furto aggravato e ricettazione, a mesi 11 di reclusione ed euro 309,87 di multa, la seconda per il reato di traffico di sostanze stupefacenti alla pena di anni 4, mesi 4 e giorni 10 di reclusione, ed euro 18.000 di multa, pronunciata il 18 dicembre 2002 e divenuta definitiva il 7 luglio 2006 a seguito del rigetto del ricorso pronunciato dalla Corte di Cassazione.
Sulla base di tali elementi la Questura ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno in ragione del carattere automaticamente ostativo delle condanne riportate e per la valutazione in concreto della pericolosità sociale del ricorrente, desumendola dalla condotta di vita caratterizzata dalla commissione di delitti dai cui sono tratte fonti di sostentamento.
Con il ricorso in epigrafe il ricorrente lamenta che la Questura avrebbe errato nel non considerare il carattere asseritamente non ostativo delle condanne riportate, l’una perché antecedente all’entrata in vigore della legge 31 luglio 2002, n. 189, l’altra, pur se successiva, in quanto relativa a fatti commessi poco prima dell’entrata in vigore della medesima legge.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 778 del 7 novembre 2007, è stata respinta la domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 3 luglio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Contrariamente a quanto dedotto il diniego oggetto di impugnazione si fonda su due autonomi e concorrenti capi motivazionali che si sottraggono entrambi alle censure proposte.
Per quanto riguarda il giudizio di pericolosità sociale vi è da premettere che costituisce tipica espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione finalizzato alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, e come tale deve ritenersi sottratto al sindacato di legittimità, salvo che per illogicità, manifesta irragionevolezza o falsi presupposti di fatto, che nel caso di specie non appaiono sussistere in quanto le considerazioni svolte dalla Questura appaiono immuni da vizi logici.
Nel caso all’esame la Questura ha valutato in concreto la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 1 della legge n. 1423 del 1956, espressamente richiamato nel provvedimento, in relazione alla peculiarità, reiterazione e gravità dei fatti commessi e per la mancanza di elementi atti a bilanciare l’insufficiente grado di inserimento sociale che detti fatti denotano (per quanto riguarda il nucleo familiare la moglie risulta titolare di un permesso di soggiorno – non prorogabile – per cure mediche – cfr. doc. 4 allegato al ricorso – e le dichiarazioni dei redditi relative a lavoro autonomo svolto dal ricorrente indicano importi esigui – cfr. docc. da 7 a 10 allegati al ricorso).
Il profilo esaminato comporta di per sé la reiezione del ricorso.
Vi è tuttavia da soggiungere che, in ogni caso, la seconda delle condanne riportate, intervenuta successivamente all’entrata in vigore della legge 31 luglio 2002, n. 189 e relativa ad un reato in materia di stupefacenti appartenente a quelli menzionati dall’art. 4, comma 3, del Dlgs. 25 luglio 1998, n. 286, ai sensi dell’art. e 5, comma 5, ha carattere automaticamente ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno e il rigetto dell’istanza rappresenta pertanto esercizio di attività vincolata (nel caso di specie la condanna in appello è intervenuta il 13 febbraio 2004, ed è divenuta irrevocabile il 7 luglio 2006 a seguito della reiezione del ricorso proposto in Cassazione) in quanto, contrariamente a quanto dedotto, ai fini della valutazione dell’elemento ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno ciò che rileva è il momento dell’accertamento del reato con conseguente irrogazione della pena e non il momento della commissione del fatto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. 27 dicembre 2006, n. 7974).
Il ricorso pertanto deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Amministrazione, liquidandole in € 2000,00 per spese, diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio del 3 luglio 2008.
Il Presidente l’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione