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TAR Veneto Sentenza 7 luglio 2008 Illegittimo non concedere cittadinanza motivando per relationem

TAR Veneto, Venezia, Sezione III, Sentenza n. 1958 del 7 luglio 2008.
E’ illegittimo il diniego di concessione della cittadinanza italiana alla straniera, spostata con italiano, stante il mancato riferimento all’epoca degli accertamenti sulla mancata convivenza coniugale.
La normativa italiana in materia di cittadinanza si ispira al principio del cosiddetto rigore temperato, onde garantire i contrapposti interessi in gioco.
Due sono i limiti esterni all’impostazione sopra esposta: uno è dato dalle ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, per cui, quando sono in gioco tali valori, uno straniero non potrà ottenere la cittadinanza, anche ove si trovi regolarmente in Italia.
L’altro limite, questa volta di segno opposto, è dato da particolari esigenze umanitarie; si tratta, infatti, di dare priorità ai principi dei diritti dell’uomo fatti propri dalla Costituzione ed introdotti nell’ordinamento italiano con la ratifica di numerosi accordi internazionali.
Il bilanciamento dei vari interessi in gioco è stato effettuato dal legislatore, che ha graduato le varie situazioni.
Anche nell’applicazione della normativa in materia di cittadinanza trovano ingresso i principi generali regolanti l’attività della pubblica amministrazione, tra cui quello relativo all’obbligo della motivazione dell’atto amministrativo (più attenuato qualora si tratti di un atto dovuto, più stringente qualora la discrezionalità dell’amministrazione sia più estesa), quello dell’economicità dell’azione amministrativa, per cui determinate irregolarità si considerano sanate qualora l’atto abbia raggiunto il suo scopo, e, infine, quello della potestà dell’amministrazione di revocare in ogni tempo un atto amministrativo ad effetti permanenti, qualora vengano meno i presupposti per la sua concessione.
L’amministrazione, dopo aver accertato l’esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, deve effettuare una valutazione discrezionale delle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la cittadinanza italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale; tuttavia tale valutazione, proprio perché discrezionale, va adeguatamente motivata, ma ciò non significa che a tal fine non basti una motivazione per relationem o sinteticamente richiamante conferenti pronunce giurisprudenziali.
Nel caso di specie l’istanza di concessione della cittadinanza italiana è stata dichiarata inammissibile richiamando la nota della Questura di Verona attestante la mancanza del requisito della convivenza della ricorrente con il coniuge italiano e il conseguente annullamento d’ufficio del permesso di soggiorno rilasciatole il 28.8.2001 per motivi familiari.
Dalla lettura di tale ultima nota non è dato però desumere a quale periodo gli accertamenti svolti dai competenti uffici si riferiscano.
La ricorrente ha contratto matrimonio con il cittadino italiano il 28.6.2001 e dal certificato storico di residenza, emerge che la stessa ha avuto la propria residenza anagrafica per almeno un anno (dal 18.10.2001 al 9.10.2002) presso l’abitazione del coniuge. Posto, dunque, che il requisito per poter ottenere la cittadinanza deve consistere non solo nel dato formale della celebrazione di un matrimonio (inteso in una prospettiva di atto-rapporto) tra lo straniero ed il cittadino italiano, ma anche nella conseguente instaurazione di un vero e proprio rapporto coniugale (con le sue concrete connotazioni tipiche: fedeltà, assistenza, collaborazione e coabitazione: cfr. art. 143, c.c.) perdurante da almeno tre anni e tale da dimostrare l’integrazione dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale, nel caso di specie la motivazione addotta dal Prefetto per decretare l’inammissibilità dell’istanza della ricorrente, desunta per relationem dalla nota Questura, non è né esauriente, né congrua. Manca, infatti, qualsiasi riferimento in ordine all’epoca in cui sono stati svolti gli accertamenti dai quali è tratta l’affermazione della mancanza del requisito della convivenza, nonché qualsiasi chiarimento circa la tipologia dei detti atti istruttori (se ci sono stati sopralluoghi, ovvero se si tratta di risultanze tratte solo sulla scorta di documentazione).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della   L.   27  aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo  De Zotti   Presidente
Angelo Gabbricci          Consigliere
Marina Perrelli    Referendario, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n.142/07, proposto da BALECTOVA Natalia,  rappresentata e difesa dall’avv.to Mohammed Suleiman, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054;
CONTRO
Il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
PER L’ANNULLAMENTO
del decreto del Prefetto di Verona, emesso il 7.9.2006 e notificato il 31.10.2006, con il quale è stata dichiarata inammissibile la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dalla ricorrente.
    Visto il ricorso, notificato il 4 gennaio 2007 e depositato presso la Segreteria il 24 gennaio 2007, con i relativi allegati;
Preso atto della mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno;
Visti gli atti tutti di causa;
Udito nella pubblica udienza del 10 aprile 2008 – relatore il Referendario M. Perrelli  – l’avv. Suleiman per la parte ricorrente ;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il 4 novembre 2003 la ricorrente, cittadina moldava regolarmente presente in Italia dal 2001, presentava istanza alla Prefettura di Verona per ottenere la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 91/1992, essendo coniugata con Bruno Civieri, cittadino italiano.
Con decreto del 7.9.2006, notificato il successivo 31.10.2006, il Prefetto della Provincia di Verona, preso atto della nota della Questura di Verona del 22.5.2005 dalla quale emerge la mancanza del requisito della convivenza della ricorrente con il coniuge italiano, nonché l’intervenuto annullamento del permesso di soggiorno rilasciatole il 28.8.2001 per motivi familiari, ha dichiarato la domanda inammissibile per assenza di uno dei presupposti prescritti dall’art. 5 della legge n. 91/1992.
La ricorrente deduce l’illegittimità del predetto provvedimento sotto molteplici profili:
– per violazione e falsa applicazione dell’art. 8, 2 comma, della legge n. 91/1992, essendo stato emesso il decreto impugnato oltre il termine di due anni dalla presentazione dell’istanza corredata della prescritta documentazione;
– per violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241/1990, nonché per eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, risultando del tutto omessa la motivazione in ordine al periodo al quale si riferisce la relazione della Questura e non essendo stato permesso alla ricorrente di difendersi sulle deduzioni della Questura;
– per violazione e falsa applicazione dell’art. 5 della legge n. 91/1992, in quanto la ricorrente ha avuto la residenza anagrafica presso il marito dal 18.10.2001 al 9.10.2002 e si è legalmente separata da quest’ultimo con decreto di omologazione della separazione consensuale in data 6.11.2006.
Il Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 10 aprile 2008 il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.       
DIRITTO

Il ricorso è fondato ed è, pertanto, meritevole di accoglimento per quanto rilevato nel secondo motivo di censura.
Il Consiglio di Stato in una recente pronuncia ha chiarito che la normativa italiana in materia di cittadinanza si ispira al principio del cosiddetto rigore temperato, onde garantire i contrapposti interessi in gioco (cfr. CdS, sez.VI, 18.11.2007, n. 6526).
Due sono i limiti esterni all’impostazione sopra esposta: uno è dato dalle ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, per cui, quando sono in gioco tali valori, uno straniero non potrà ottenere la cittadinanza, anche ove si trovi regolarmente in Italia.
L’altro limite, questa volta di segno opposto, è dato da particolari esigenze umanitarie; si tratta, infatti, di dare priorità ai principi dei diritti dell’uomo fatti propri dalla Costituzione ed introdotti nell’ordinamento italiano con la ratifica di numerosi accordi internazionali.
Il bilanciamento dei vari interessi in gioco è stato effettuato dal legislatore, che ha graduato le varie situazioni.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, inoltre, anche nell’applicazione della normativa in materia di cittadinanza trovano ingresso i principi generali regolanti l’attività della pubblica amministrazione, tra cui quello relativo all’obbligo della motivazione dell’atto amministrativo (più attenuato qualora si tratti di un atto dovuto, più stringente qualora la discrezionalità dell’amministrazione sia più estesa), quello dell’economicità dell’azione amministrativa, per cui determinate irregolarità si considerano sanate qualora l’atto abbia raggiunto il suo scopo, e, infine, quello della potestà dell’amministrazione di revocare in ogni tempo un atto amministrativo ad effetti permanenti, qualora vengano meno i presupposti per la sua concessione.
Nella fattispecie in esame concernente l’acquisto della cittadinanza italiana iure communicatione, la concessione della cittadinanza viene disposta con decreto del Presidente della Repubblica (rispetto al quale il Ministero dell’Interno emana un parere), mentre un eventuale diniego va disposto sulla base dell’articolo 5 della legge n. 91/1992 (C.d.S., sez. IV, 10.8.2000 n. 4460).
L’amministrazione, quindi, dopo aver accertato l’esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, deve effettuare una valutazione discrezionale delle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la cittadinanza italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale (C.d.S., sez. IV, 16.9.1999, n. 1474); tuttavia tale valutazione, proprio perché discrezionale, va adeguatamente motivata, ma ciò non significa che a tal fine non basti una motivazione per relationem o sinteticamente richiamante conferenti pronunce giurisprudenziali.
Nel caso di specie l’istanza di concessione della cittadinanza italiana è stata dichiarata inammissibile dal Prefetto di Verona richiamando la nota della Questura di Verona del 22.5.2005 attestante la mancanza del requisito della convivenza della ricorrente con il coniuge italiano e il conseguente annullamento d’ufficio del permesso di soggiorno rilasciatole il 28.8.2001 per motivi familiari.
Dalla lettura di tale ultima nota non è dato però desumere a quale periodo gli accertamenti svolti dai competenti uffici si riferiscano.
Dal decreto di omologa della separazione consensuale, emesso dal Tribunale di Verona il 6.11.2006, si evince, infatti, che la ricorrente ha contratto matrimonio con il sig. Bruno Civieri, cittadino italiano, il 28.6.2001 e dal certificato storico di residenza, allegato dalla sig.ra Balectova, emerge che la stessa ha avuto la propria residenza anagrafica per almeno un anno (dal 18.10.2001 al 9.10.2002) presso l’abitazione del coniuge. Posto, dunque, che il requisito per poter ottenere la cittadinanza deve consistere non solo nel dato formale della celebrazione di un matrimonio (inteso in una prospettiva di atto-rapporto) tra lo straniero ed il cittadino italiano, ma anche nella conseguente instaurazione di un vero e proprio rapporto coniugale (con le sue concrete connotazioni tipiche: fedeltà, assistenza, collaborazione e coabitazione: cfr. art. 143, c.c.) perdurante da almeno tre anni e tale da dimostrare l’integrazione dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale, nel caso di specie la motivazione addotta dal Prefetto per decretare l’inammissibilità dell’istanza della ricorrente, desunta per relationem dalla nota Questura, non è né esauriente, né congrua. Manca, infatti, qualsiasi riferimento in ordine all’epoca in cui sono stati svolti gli accertamenti dai quali è tratta l’affermazione della mancanza del requisito della convivenza, nonché qualsiasi chiarimento circa la tipologia dei detti atti istruttori (se ci sono stati sopralluoghi, ovvero se si tratta di risultanze tratte solo sulla scorta di documentazione). Merita, inoltre, di essere evidenziato che il matrimonio tra la ricorrente e il sig. Bruno Civieri risale al giugno 2001 e, pertanto, al maggio 2005 (epoca della nota della Questura di Verona) erano già ampiamente passati decorsi i tre anni richiesti dall’art. 5 della legge n. 91/1992, per cui solo in presenza di una precisa indicazione temporale che collochi l’accertamento dell’assenza di convivenza tra la ricorrente e il marito in epoca antecedente al decorso del su evidenziato triennio, tale atto potrebbe rivestire carattere ostativo alla concessione della cittadinanza.
In conclusione, assorbita ogni ulteriore censura non espressamente esaminata, il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ed obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi sull’istanza presentata dalla ricorrente.
Le spese di causa seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di causa in favore della parte ricorrente nella misura di euro 1500,00 (millecinquecento/00)  oltre i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 10 aprile 2008.
Il Presidente     L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione

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