TAR Veneto, Venezia, Sezione III, Sentenza n. 2693 del 8 settembre 2008.
E’ legittimo non concedere la regolarizzazione allo straniero richiedente, quando su di lui penda un provvedimento di espulsione.
La Questura di Padova, nella specie, non concedeva il nulla osta alla regolarizzazione del lavoratore in questione, in quanto lo stesso risultava essere stato “espulso dal territorio nazionale in data 18 marzo 1997 e quindi straniero nelle condizioni di cui all’art. 13 co. 13 del d.lgs. 286/1998”.
Le disposizioni sulla regolarizzazione della posizione dei lavoratori stranieri irregolari non si applicano, infatti, ai cittadini extracomunitari “nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non può essere in ogni caso disposta nell’ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni”.
Per quanto appena descritto, l’espulsione dello straniero con accompagnamento coattivo alla frontiera, anche se non legata alla commissione di reati o a motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, è elemento ostativo alla regolarizzazione del lavoratore extracomunitario.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti Presidente, estensore
Marco Buricelli Consigliere
Stefano Mielli Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 594/2004 proposto da Baldisseri Alberto, rappresentato e difeso dall’avvocato Zeno Baldo e dall’avv. Marco Ferrero, come da mandato a margine del ricorso, domiciliato presso la segreteria del Tar ai sensi dell’art. 35, comma 2, del t. u. n. 1054 del 1924;
CONTRO
l’Amministrazione dell’Interno, in persona del Ministro “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge in Venezia, piazza San Marco n. 63;
la Prefettura di Padova, in persona del Prefetto “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge in Venezia, piazza San Marco n. 63;
per l’annullamento
del provvedimento prot. n. 992/Area Gab. del 17.12.2004 con cui il Prefetto di Padova ha respinto l’istanza del sig. Baldisseri Alberto diretta alla regolarizzazione del lavoratore straniero Cani Dritan.
Visto il ricorso, notificato il 19 febbraio 2004 e depositato in segreteria il 26 febbraio 2004, con i relativi allegati;
visto il controricorso dell’Avvocatura dello Stato per l’Amministrazione dell’Interno, con i relativi allegati;
visti gli atti tutti della causa;
vista l’ordinanza n. 355 del 2004 con cui è stata accolta la domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente;
uditi, nella pubblica udienza del 3 luglio 2008 (relatore il Presidente Angelo De Zotti), l’avv. Verlato, su delega dell’avv. Baldo, per la parte ricorrente;
1.-premesso in fatto:
che in data 4.10.2002 il sig. Alberto Baldisseri presentava, ai sensi dell’art. 1 del d. l. n. 195 del 2002, istanza per la regolarizzazione del rapporto di lavoro instaurato con il sig. Cani Dritan, cittadino albanese;
che la Questura di Padova, con nota n. 83048 del 25/07/2003 non concedeva il nulla osta prescritto dall’art. 1, comma 4, del citato d. l. n. 195/02 in quanto il sig. Cani Dritan risultava essere stato “espulso dal territorio nazionale in data 18 marzo 1997 e quindi straniero nelle condizioni di cui all’art. 13 co. 13 del d.lgs. 286/1998”;
che con il decreto in epigrafe il Prefetto di Padova ha, conseguentemente, respinto l’istanza di regolarizzazione rilevando l’esistenza della circostanza ostativa di cui all’art. 1, comma 8, lett. a), del citato d. l. n. 195/02, poiché il lavoratore straniero “risulta destinatario di un provvedimento di espulsione eseguito mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica”;
che con il ricorso in epigrafe viene chiesto al Tar l’annullamento del rifiuto di regolarizzazione formulando due censure, concernenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili;
che con ordinanza n. 355 del 2004 la sezione ha accolto provvisoriamente la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, in attesa che la Corte Costituzionale decidesse la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 1, comma 8, lett. a) del d.l. n. 195/02, nella parte in cui esclude la legalizzazione dei rapporti di lavoro riguardanti gli extracomunitari che siano stati espulsi mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica equiparando, in tal modo, la posizione dell’extracomunitario che sia stato colpito da un provvedimento di espulsione eseguito coattivamente per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perché socialmente pericoloso a quella del lavoratore extracomunitario che sia stato, invece, espulso coattivamente solo in quanto entrato clandestinamente nello Stato ovvero si sia ivi trattenuto oltre il termine fissato con il decreto di espulsione;
che in seguito alla sentenza n. 206 del 2006, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, lettera a), del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 24 , 35 e 111 della Costituzione, da diversi giudici, gli atti del giudizio sono stati restituiti al giudice rimettente e la causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 3 luglio 2008;
2.-considerato in diritto che il ricorso è infondato e va respinto;
2.1.-che in primo luogo va sottolineato che nella fattispecie trova applicazione l’art. 1, comma 8, lett. a) del d. l. n. 195/02, in base al quale le disposizioni sulla regolarizzazione della posizione dei lavoratori stranieri irregolari non si applicano ai cittadini extracomunitari “nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non può essere in ogni caso disposta nell’ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni”;
che la Corte costituzionale, con sentenza 26 maggio 2006, n. 206, ha dichiarato costituzionalmente legittimo l’art. 1, comma 8, lett. a) del d. l. n. 195/02 affermando tra l’altro che “la scelta del legislatore di escludere la legalizzazione dei rapporti di lavoro dei cittadini extracomunitari colpiti da provvedimenti di espulsione con accompagnamento alla frontiera non è manifestamente irragionevole e la disposizione censurata, tenuto conto del complesso degli interessi da tutelare, non incorre nel vizio del trattamento normativo eguale per situazioni sostanzialmente difformi”;
che dunque l’espulsione dello straniero con accompagnamento coattivo alla frontiera, anche se non legata alla commissione di reati o a motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, è elemento ostativo alla regolarizzazione del lavoratore extracomunitario;
2.2.- che, tutto ciò premesso è infondato e va respinto il primo motivo con cui si sostiene che nel provvedimento impugnato difetterebbe l’indicazione dei presupposti di fatto sulla cui base la Prefettura ha ritenuto non legalizzabile il rapporto di lavoro del cittadino straniero: infatti, è vero che nel decreto non sono indicati gli estremi del provvedimento espulsivo, ma è comunque certo, in quanto provato con il deposito in atti del suddetto provvedimento, che il sig. Cani Dritan è stato espulso dal nostro paese “per gravi motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato” con decreto ministeriale del 18 marzo 1997 (doc. n. 2 dep. l’8 aprile 2004) eseguito coattivamente con rimpatrio in Albania dall’aeroporto militare di Bari il 19 marzo 1997;
che d’altra parte, lo stesso ricorrente ha ammesso di essere stato espulso in quella data (18 marzo 1997) e di essere successivamente rimasto in Albania sino allo spirare del divieto;
2.3. che è infondato anche il secondo motivo di censura, con cui il ricorrente sostiene che poiché il provvedimento espulsivo risale al 18 marzo 1997 ed il sig. Cani Dritan è rimasto in Albania fino all’aprile del 2002, il divieto di rientro per cinque anni era ormai spirato quando è stata chiesta la sua regolarizzazione e quindi non sussisteva più alcun impedimento al suo reingresso in Italia; infatti, a prescindere dalla circostanza che la presenza in Albania del sig. Cani Dritan è provata solo sino all’anno 2000 (la copia del tesserino militare dimostra che egli ha svolto il servizio militare nel suo paese dal 30 marzo 1999 al 4 aprile 2000) è comunque certo che alla scadenza del periodo di efficacia del decreto espulsivo (in allora quinquennale), il cittadino straniero avrebbe dovuto richiedere, ai fini del rientro in Italia, la speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno di cui all’art. 13 comma 13 del d. lgs 286/1998, e non, come ha dichiarato, fare ingresso nel territorio dello stato italiano; ciò che ha fatto in un momento imprecisato e senza la prova di avere effettivamente scontato tutto il periodo di divieto di ingresso in Italia imposto dal decreto espulsivo;
3. che, pertanto, il ricorso va respinto;
4. che sussistono, nondimeno, motivi di equità che giustificano la compensazione tra le parti le spese del giudizio.
P. Q. M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del 3 luglio 2008.
Il Presidente, estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione