TAR Veneto Sentenza del 14 maggio 2009 legittimo diniego rinnovo permesso di soggiorno per spaccio Hashish
TAR Veneto Sentenza del 14 maggio 2009 n. 1489 legittimo diniego rinnovo permesso di soggiorno per spaccio Hashish
Il ricorrente, cittadino marocchino, titolare di permesso di soggiorno per lavoro subordinato con scadenza all’1 dicembre 2004, presentava alla Questura di Treviso istanza di rinnovo del predetto titolo. Con il provvedimento impugnato il Questore negava il rinnovo del permesso di soggiorno in forza di un giudizio di pericolosità sociale desunto dalle condanne emesse dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Emilia, rispettivamente a 3 anni e dieci mesi di reclusione e 6.000,00 euro di multa e a 3 anni e quattro mesi di reclusione e 12.000,00 euro di multa, entrambe per i reati di cui all’art. 73, commi 1 e 6, del D.P.R. n. 309/1990.
Con un unico ed articolato motivo di censura il ricorrente lamenta l’illegittimità del diniego impugnato per eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti.
Tuttavia, il Collegio ritiene che “l’avere acquistato ed importato 51 pani di hashish pari a 43,500 kg di sostanza stupefacente a fini di spaccio presuppone l’esistenza di contatti e di un radicato inserimento nel mondo criminale, nonché la volontà di fare di una simile operazione una stabile fonte, oltre che di sostentamento, di vero e proprio profitto. E d’altronde tale circostanza risulta ulteriormente comprovata dal fatto che al momento dell’arresto e della condanna il ricorrente era munito di regolare permesso di soggiorno e che, pertanto, ben avrebbe potuto procurarsi una stabile e lecita occupazione. Per ciò, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinge il ricorso.
N. 01489/2009 REG.SEN.
N. 00150/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Nel giudizio numero di registro generale 150 del 2007, introdotto da Barman Lahcen, rappresentato e difeso rappresentato e difeso dall’avv.to Stefania Filippi, legalmente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 R.D. 26.6.1924, n. 1054;
contro
Il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del decreto del Questore di Treviso, emesso il 13 febbraio 2006 e notificato il 28 dicembre 2006, con il quale è stata rigettata l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Visto il ricorso, notificato il 10 gennaio 2007 e depositato presso la Segreteria il 25 gennaio 2007, con i relativi allegati;
Vista l’ordinanza n. 135 del 14 febbraio 2007 con la quale è stata respinta la domanda di sospensiva;
Visti gli atti tutti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 26 marzo 2009 – relatore il Referendario Marina Perrelli – i procuratori delle parti presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
A. Il ricorrente, cittadino marocchino, titolare di permesso di soggiorno per lavoro subordinato con scadenza all’1 dicembre 2004, presentava alla Questura di Treviso istanza di rinnovo del predetto titolo.
B. Con il provvedimento impugnato il Questore negava il rinnovo del permesso di soggiorno in forza di un giudizio di pericolosità sociale desunto dalle condanne emesse dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Emilia il 17 settembre 2003 e 24 ottobre 2003, rispettivamente a 3 anni e dieci mesi di reclusione e 6.000,00 euro di multa e a 3 anni e quattro mesi di reclusione e 12.000,00 euro di multa, entrambe per i reati di cui all’art. 73, commi 1 e 6, del D.P.R. n. 309/1990, nonché dalla mancata dimostrazione di aver percepito redditi da fonti lecite negli anni 2004 e 2005.
C. Con un unico ed articolato motivo di censura il ricorrente lamenta l’illegittimità del diniego impugnato per eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, per contraddittorietà con i provvedimenti emessi dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna, per difetto di istruttoria, nonché per violazione della circolare n. 300 del 9 settembre 2003 del Ministero dell’Interno.
Secondo la prospettazione del ricorrente, l’amministrazione ha omesso di considerare che solo una delle due condanne è stata confermata dalla Corte d’Appello di Bologna ed è divenuta irrevocabile a far data dal 30 marzo 2004, mentre la condanna emessa il 24 ottobre 2003 è stata annullata dalla predetta Corte d’Appello per violazione del principio del ne bis in idem. Inoltre, ai fini del giudizio di pericolosità sociale formulato dall’amministrazione resistente sarebbe del tutto ininfluente il foto segnalamento da parte della Questura di Mantova con erronea indicazione della data di nascita dello straniero, mentre non sarebbe corrispondente al vero l’asserita mancata dimostrazione dell’esistenza di un reddito per gli anni 2004 e 2005.
Infatti sino al 3 ottobre 2005 il Barman Lahcen era detenuto presso la Casa circondariale di Reggio Emilia, per il periodo successivo il ricorrente ha lavorato dal 24 febbraio 2005 in qualità di socio presso la ditta Cooperativa Jubil 2000 a r.l., dall’1 settembre 2005 presso la ditta individuale Ben Dhaou Hafed Ben Mohamed e dall’11 novembre 2005 all’11 dicembre 2005 presso la ditta GI.MA Costruzioni s.r.l., percependo per la seconda attività il compenso di 885,00 euro e per la terza attività la somma di 1.363, 89 euro. Infine dal 28 settembre 2006 il ricorrente è stato assunto a tempo indeterminato dalla ditta Ragusa Group e percepisce un salario mensile di circa 1.000,00 euro.
La Questura competente ha, inoltre, omesso qualsiasi valutazione in ordine alle considerazioni espresse e agli elementi esaminati dal Tribunale di Sorveglianza sia per esprimere il parere contrario all’espulsione sia per concedere al ricorrente il regime dell’affidamento in prova, nonché ha disatteso la circolare n. 300 del 9 settembre 2003 ai sensi della quale, anche in presenza di una condanna per uno dei reati di cui all’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286/1998, occorre tenere conto del livello di inserimento sociale e della condizione familiare dello straniero per respingere l’istanza di rinnovo del titolo di soggiorno.
D. Il Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio.
E. Con ordinanza n. 135 del 14 febbraio 2007 il Collegio ha respinto la domanda di sospensiva ritenendo non sussistente il fumus del ricorso.
F. Alla pubblica udienza del 26 marzo 2009 il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato e va respinto per le seguenti ragioni.
2. Barman Lahcem osserva che il Questore di Treviso ha erroneamente fondato il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno sul giudizio di pericolosità sociale desunto dalle due condanne riportate per reati interenti gli stupefacenti, da un foto segnalamento con indicazione di diverse generalità, dalla mancata dimostrazione dell’esistenza di fonti lecite di reddito per gli anni 2004 e 2005
In particolare, il richiamato giudizio non avrebbe adeguatamente tenuto conto della unicità del precedente penale a carico del richiedente essendo stata una delle condanne emesse dal G.I.P. di Reggio Emilia annullata dalla Corte di Appello di Bologna, dello svolgimento di regolare attività lavorativa da parte del ricorrente a partire dalla scarcerazione, avvenuta il 3 ottobre 2005, nonché delle considerazioni positive espresse dal Tribunale di Sorveglianza in ordine all’inserimento sociale dello straniero per concedere l’affidamento in prova e per non disporre l’espulsione dal territorio nazionale.
3. Tali censure non sono fondate e vanno respinte per le seguenti ragioni.
3.1. Al riguardo, il Collegio osserva in primo luogo che il ricorrente ha riportato una condanna penale, ormai divenuta irrevocabile, per avere acquistato, trasportato e importato, nonché detenuto a fini di spaccio, 51 pani di hashish pari a 43,500 Kg di sostanza stupefacente.
Orbene se è vero che il Questore di Treviso, nel provvedimento impugnato, richiama oltre alla condanna emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Emilia il 17 settembre 2003, poi confermata in appello il 12 febbraio 2004, anche la condanna emessa in primo grado il 24 ottobre 2003, poi annullata dalla Corte di Appello di Bologna con sentenza del 19 luglio 2004 per violazione del principio del ne bis in idem, non è revocabile in dubbio che il ricorrente abbia commesso i fatti addebitatigli e presi in considerazione ai fini della valutazione di pericolosità sociale.
3.2. Tanto premesso, il Collegio ritiene che la soluzione della vicenda di causa possa essere fondata sul consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non si rinvengono valide ragioni per discostarsi, secondo cui la determinazione ostativa alla permanenza nel territorio dello Stato di uno straniero presuppone sempre la considerazione della circostanza che l’interessato «sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato» ai sensi dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998.
Tale considerazione deve, a sua volta, essere sostenuta da idonea motivazione in relazione, da un lato, ai fatti addebitati, dall’altro alla condotta dello straniero al momento della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, nonché in relazione alla pericolosità del soggetto ed all’idoneità del suo trattenimento in Italia a minare l’ordine pubblico e le condizioni di sicurezza dello Stato (Cons. Stato, Sez. VI,
17 ottobre 2008, n. 5053; Cons. Stato, VI, 21 settembre 2006, n. 5563).
3.3. Ebbene, ad avviso del Collegio, la Questura competente ha correttamente svolto una siffatta complessiva valutazione che si è conclusa con il richiamato giudizio di pericolosità sociale.
3.4. A prescindere dal fatto che la condanna per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 6, del D.P.R. n. 309/1990, riportata dal ricorrente è inequivocabilmente ascrivibile alla categoria dei reati ostativi ex art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286/1998 e, in quanto tale, foriera di un particolare allarme sociale, la gravità e le modalità del fatto criminoso addebitato a Barman Lahcen sono di per sé sole sufficienti a fondare un giudizio di pericolosità sociale ancora sussistente alla data del 13 febbraio 2006 (data di emissione del provvedimento).
Infatti l’avere acquistato ed importato 51 pani di hashish pari a 43,500 kg di sostanza stupefacente a fini di spaccio presuppone l’esistenza di contatti e di un radicato inserimento nel mondo criminale, nonché la volontà di fare di una simile operazione una stabile fonte, oltre che di sostentamento, di vero e proprio profitto. E d’altronde tale circostanza risulta ulteriormente comprovata dal fatto che al momento dell’arresto e della condanna il ricorrente era munito di regolare permesso di soggiorno e che, pertanto, ben avrebbe potuto procurarsi una stabile e lecita occupazione.
4. Né, infine, appare in grado di controbilanciare tale giudizio di pericolosità sociale la circostanza che il Tribunale di Sorveglianza abbia espresso parere contrario all’espulsione dello straniero e che il ricorrente abbia ottenuto l’affidamento in prova.
Le valutazioni espresse dal Tribunale di Sorveglianza, infatti, non valgono a superare il giudizio di pericolosità desunto dalla gravità dei fatti ascritti al ricorrente e dalla commissione degli stessi mentre Barman Lahcen era titolare di un regolare permesso di soggiorno che gli avrebbe consentito di trovare una regolare attività lavorativa. Merita, inoltre, di essere evidenziato che la quantità di droga acquistata ed importata dallo straniero è tale da far ritenere che lo stesso non intendesse solo procurarsi attraverso lo spaccio una fonte di sostentamento, ma ne volesse ritrarre un vero e proprio profitto.
5. Infine, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, la valutazione di appartenenza ad una delle categorie di cui all’art. 1 della citata legge n. 1423\1956, e, in particolare, a quella pericolosa per la sicurezza pubblica (n. 3, cioè coloro che "sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica"), richiede la presenza di elementi di fatto che siano indice di un tenore di vita o di una condotta significativa, connessa, a fini della pericolosità, alla commissione di una pluralità di reati.
5.1. Orbene sotto tale profilo il giudizio di pericolosità sociale formulato dal Questore risulta congruamente motivato, ricorrendo nella fattispecie in esame, sulla scorta delle argomentazioni sviluppate, elementi di fatto sintomatici di più reati e di pericolo per la sicurezza pubblica.
6. Non va disposto nulla in ordine alle spese in considerazione della mancata costituzione dell’Amministrazione resistente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo rigetta.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26/03/2009 con l’intervento dei Magistrati:
Elvio Antonelli, Presidente
Stefano Mielli, Primo Referendario
Marina Perrelli, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO