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350mila latinos in Italia. Riccardi: “Esempio di integrazione”

Sempre più stabili, come dimostrano i dati su carte di soggiorno, ricongiungimenti, nascite e matrimoni. Il ministro: “Paradigma da contrapporre a quello dell’invasione”

Roma – 9 ottobre 2012 – Una comunità relativamente giovane, ma numerosa e sempre più stabile in Italia, con gli uomini impegnati soprattutto nei servizi, le donne angeli custodi nelle case degli italiani. Un “paradigma di integrazione”, per dirla con il ministro Riccardi.

 

È l’identikit degli immigrati latinos, tracciato oggi a Roma nel corso del seminario sui “Percorsi di integrazione della comunità latino americana in Italia” promosso dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il Centro Studi di Politica Internazionale (CESPI) e l’Istituto Italo-Latino Americano (IILA) con il supporto del Ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione.

All’inizio del 2011 erano regolarmente residenti in Italia poco più di 354 mila latinoamericani, l’8% degli stranieri registrati alle anagrafi. A fare al parte del leone tra i Paesi di provenienza erano il Perù (99mila ) e l’Ecuador (92mila) mentre Milano (77mila), Roma (40mila), Genova (26mila) e Torino (19mila) erano le principali province di destinazione.

Si tratta di un’immigrazione cominciata una quindicina di anni fa, ma i segni di stabilizzazione sono tanti. Tra questi, l’alta percentuale di titolari di permesso di lungo periodo (136 mila, il 35%), le tante domande di ricongiungimento familiare (oltre 70 mila nel 2009), il numero dei figli nati in Italia (oltre 3.700 nel 2010) e quello dei matrimoni tra italiani e latinoamericani, che sono il 14% del totale delle unioni miste.

Contro “una cultura della diffidenza nei confronti dell’immigrazione, che vede in Lampedusa il paradigma dell’invasione del nostro paese, bisogna aggiornare menti e linguaggio, retaggio di mentalità e politiche troppo a lungo gridate”, ha aggiunto Riccardi, contrapponendo “il paradigma positivo delle comunità latino-americane: battistrada per un cambiamento di prospettiva culturale che consideri immigrazione e integrazione risorse vitali per la crescita”.

“È necessario un salto culturale con cui si arrivi alla consapevolezza che l’immigrazione è un fattore decisivo per la crescita del nostro paese: senza integrazione il paese non cresce. L’integrazione – ha aggiunto il ministro – è un processo non facile, che richiede regole, impegno, pazienza e spirito costruttivo, perché si tratta di costruire l’Italia di domani in cui crediamo, affinchè dopo la crisi torni a essere un paese prospero per tutti, italiani e non italiani”.

“In futuro non prevediamo un’immigrazione forte dall’America latina – ha spiegato il direttore del Cespi Jose’ Luis Rhi-Sausi – ma piuttosto rientri nei Paesi d’origine: nell’ultimo triennio 300 mila sono tornati in Peru’ da altri Paesi, 1.500 dall’Italia. Cio’ e’ dovuto alla crisi economica in Europa, ma anche dalla crescita dei Paesi latinoamericani”.

“Mi auguro che l’Italia esca presto dalla crisi – ha detto invece Jose’ Angel Oropeza, direttore dell’Oim per il Mediterraneo e l’Italia – e lo fara’ anche grazie al contributo degli immigrati. Oggi si parla di restrizione all’immigrazione a causa della crisi, ma le politiche restrittive possono provocare gli ingressi illegali”.

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