Nel 2011 uccise 77 persone, soprattutto ragazzi e ragazze, perché “promuovevano il multiculturalismo”. Ora fa causa allo Stato per detenzione inumana
Skien (Norvegia) – 15 marzo 2016 – Prima una bomba davanti alla sede del governo norvegese a Oslo. Poi raffiche di mitra contro i ragazzi che partecipavano a un campeggio del partito laburista sulla vicina isola di Utoya. Il 22 luglio 2011 Anders Behring Breivik uccise così 77 persone e ne ferì oltre 300.
“Ho agito per legittima difesa del mio popolo, della mia cultura del mio paese” spiegò ai giudici l’assassino. Le sue vittime “non erano innocenti, ragazzi civili, ma attivisti politici che promuovevano il multiculturalismo”, e lui era in guerra contro la “decostruzione della cultura norvegese per via dell’immigrazione in massa dei musulmani”.
Brevik è stato riconosciuto capace di intendere e di volere e condannato a 21 anni di carcere, il massimo della pena nell’ordinamento norvegese. Se quando li sconterà tutti sarà ritenuto ancora pericoloso, potrà essere trattenuto ancora.
Anche oggi lo stragista era in tribunale, ma non come imputato. Ha infatti denunciato lo Stato per le condizioni “inumane” della sua detenzione, che ha definito una forma di “tortura”.
In carcere può fare ginnastica, guardare la televisione e usare una consolle di videogiochi.”Non c’è nessuna prova che abbia sofferto problemi mentali o fisici a causa delle condizioni della detenzione” dice l’avvocato del governo Marius Emberland,.
L’Aula per il processo, che si volgerà a porte chiuse, è stata allestita nella palestra dello stesso carcere di sicurezza in cui è rinchiuso, a Skien. Appena arrivato, Breivik è stato liberato dalle manette e ha sollevato il braccio facendo il saluto nazista. Le idee del boia di Oslo e Utoya non sembrano cambiate.