"La trascuratezza nell’abbigliamento non è indice di assoluta povertà" ROMA, 6 maggio 2009 – Tolleranza zero con i clandestini trascurati e trasandati anche nell’abbigliamento.
Parola di Cassazione per la quale anche all’immigrato irregolare che denota povertà anche da come si veste va intimato di lasciare il territorio. Di diverso avviso era stato il Tribunale di Verona che, il 28 gennaio 2008, aveva assolto "perchè il fatto non costituisce reato" un clandestino Omar M. anche se non aveva ottemperato all’ordine di lasciare il territorio impartito dal questore di Verona alcuni giorni prima.
Secondo il giudice veronese, il fatto che l’immigrato "appariva trasandato" e non indossasse "capi di abbigliamento costosi" era indice del fatto che l’immigrato fosse privo di disponibilità economica tale da giustificarne la sua permanenza nel Paese. Contro tanta tolleranza ha fatto ricorso in Cassazione il procuratore presso la Corte d’Appello di Venezia ottenendo appunto che il clandestino andava espulso e che la trascuratezza nel vestiario non poteva certo costituire il metro per misurarne "l’assoluta impossidenza".
La prima Sezione penale (sentenza 18537) ha accolto il ricorso della Procura e disponendo un nuovo giudizio presso la Corte d’Appello di Venezia ha fatto notare che "gli indici" che avevano portato il giudice a stabilire la poverta’ del clandestino "non integrano l’ipotesi di particolare pregnanza della assoluta e comprovata impossidenza, idonea a costituire giustificato motivo di inottemperanza" all’ordine di espulsione impartito dal questore.
In definitiva, dunque, dice piazza Cavour la trascuratezza dell’abbigliamento di un clandestino non può essere utilizzata come metro per giudicarne la povertà tale da fare assolvere i cosiddetti "migranti economici" che non rispettano l’ordine del questore di andarsene dall’Italia.