Dal primo luglio i croati saranno cittadini europei, ma l’Italia potrebbe limitare le assunzioni. Cgil, Cisl e Uil scrivono al governo: “Così si creerebbe lavoro nero”
Roma – 30 maggio 2013 – Dal primo luglio sulla bandiera europea brillerà anche la stella della Croazia. Se però l’ingesso nell’Ue garantirà ai croati il diritto di circolare liberamente negli altri Paesi membri, non è detto che li renderàa uguali agli altri europei nel caso in cui, anzichè fare i turisti, vogliano anche lavorare.
L’Italia, come altri paesi Ue, potrebbe far scattare per loro una moratoria già sperimentata in occasione dei precedenti allargamenti dell’Unione. I polacchi, ad esempio, per qualche anno hanno dovuto sottostare a speciali decreti flussi, con quote contingentate, per l’accesso al mercato del lavoro. Per i romeni si scelse un doppio binario: liberalizzazione delle assunzioni in alcuni settori, necessità di un’autorizzazione (rilasciata praticamente sempre) negli altri.
Si tratta di misure transitorie valide per un numero limitato di anni, previste dai trattati dell’Unione, che però si sono rivelate in buona parte inutili e controproducenti: non c’era una vera concorrenza tra lavoratori neocomunitari e italiani e la presenza delle limitazioni favoriva la crescita del lavoro nero. “Sono state utilizzate come pretesto da molti imprenditori per contrattare irregolarmente i cittadini neocomunitari” denunciano i sindacati, che ora invitano il governo a non ripetere l’errore con i lavoratori croati.
Il governo dovrebbe esprimersi a breve, forse già nel prossimo consiglio dei ministri. Cgil Cisl e Uil hanno quindi scritto al Ministro Del Lavoro Giovannini.
“I lavoratori frontalieri croati, storicamente presenti nel mercato del lavoro delle regioni italiane del Nord-Est sin dalla creazione degli stati nazionali – si legge nella lettera firmata dai segretari confederali Vera Lamonica (Cgil), Liliana Ocmin (Cisl) e Guglielmo Loy (Uil) – sono attualmente e fino al 30 giugno sottoposti alla normativa sull’immigrazione, la quale prevede l’emanazione dei decreti flussi come condizione per poter instaurare un rapporto di lavoro regolare nel territorio nazionale”.
Nel caso dei lavoratori frontalieri, ricordano, sono in atto da anni forme di ingresso agevolato e soppressione dei visti d’ingresso per soggiorni brevi (fino a 90 giorni); facilitazioni, in virtù delle quali i cittadini croati sono da decenni presenti nel nostro paese e contribuiscono in settori chiave dell’economia regionale del Friuli Venezia Giulia e del Veneto (turismo, cantieristica navale, agroalimentare), ma anche nel settore del lavoro domestico e dell’assistenza domiciliare.
“Per questa ragione – spiegano i tre sindacalisti – facendo nostra la risoluzione adottata dalla Confederazione Europea dei Sindacati (C.E.S.) nel dicembre 2012, chiediamo al Governo italiano di non adottare le misure transitorie di limitazione della libera circolazione in Italia dei lavoratori subordinati croatii, che sono contemplate come possibili dal Trattato di adesione della Croazia all’Unione europea”.
“Concedere da subito la piena libera circolazione ai lavoratori croati – conclude la lettera – avrebbe a nostro parere il vantaggio sin dal prossimo 1° luglio, di un trattamento alla pari di tutti gli altri cittadini comunitari nell’accesso al lavoro, favorendo altresì l’impiego regolare di questi lavoratori”.
EP