“Di fronte a persone che scappano l’accoglienza è imperativo categorico”
Roma, 2 agosto 2011 – ”Si sta verificando quello che avevamo previsto: da un lato una continua pressione dei migranti sulle coste italiane, dall’altro un sistema di accoglienza che viene messo sotto pressione. Succede cosi’ che in molti casi le persone restano all’interno dei centri per due o tre mesi, talvolta in condizioni di sovraffollamento, senza sapere quale sara’ il loro destino”.
Lo dice Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas Italiana, in un’intervista ad ‘Avvenire’.
Forti condanna le ”espressioni piu’ violente” della protesta dei migranti ospiti del Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Bari, sottolineando al tempo stesso quanto siano difficili le condizioni di vita all’interno dei centri di accoglienza. ”Su queste persone -spiega- pesa l’incertezza del futuro. Non sanno se e quando la loro domanda d’asilo verra’ accolta, nella peggiore delle ipotesi potrebbe anche essere rigettata. Con il protrarsi dei tempi di attesa, quest’ansia si trasforma in un assillo”.
Per il responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas Italiana, fatti drammatici come la morte di 25 persone, asfissiate nella stiva di un peschereccio, ”ci dicono che le tragedie non sono ancora finite e che dobbiamo fare i conti con arrivi ancora consistenti di persone in fuga dalla Libia. Di fronte a queste persone che scappano -conclude Forti- che ci chiedono aiuto, l’accoglienza e’ un imperativo categorico, che non puo’ venire meno”.