5 anni al suo assistente. Erano gli unici imputati nel processo per la strage che il 18 aprile 2015 è costata la vita a oltre 700 persone
Palermo, 14 dicembre 2016 – E’ stato condannato a 18 anni di reclusione il “timoniere” tunisino del barcone naufragato il 18 aprile 2015 nel Canale di Sicilia, portando con sé in fondo al mare oltre 700 migranti. La sentenza e’ stata emessa dal gup di Catania, Daniela Monaco Crea, che ha condannato contestualmente a 5 anni l’assistente siriano del timoniere. In quella che ad oggi e’ la piu’ grave tragedia dell’immigrazione di cui si abbia notizia, ha visto soltanto 28 sopravvissuti. Nei confronti degli unici due imputati, proclamatisi sempre innocenti, l’accusa era di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per il tunisino, inoltre, la procura etnea aveva formulato anche l’accusa di omicidio colposo plurimo e naufragio.
La sentenza ha accolto la richiesta di condanna a 18 anni per il comandante, formulata dai sostituti Rocco Liguori e Andrea Bonomo, e parzialmente quella per l’assistente, per il quale gli inquirenti avevano chiesto una condanna a 6 anni. Il naufragio avvenne la notte del 18 aprile 2015, nel corso delle operazioni di soccorso al barcone, effettuate dal mercantile King Jacob. L’imbarcazione, stipata all’inverosimile, entro in collisione con la nave, inabissandosi. Soltanto lo scorso giugno la carretta del mare e’ stata recuperata e portata ad Augusta dove sono state effettuate le operazioni e le analisi per cercare di restituire una identita’ alle vittime. Il gup ha anche stabilito anche un risarcimento complessivo di 9,3 milioni di euro per le 728 vittime. Tra le parti civili c’erano anche due migranti che all’epoca del naufragio erano minorenni.