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“Nessuno stupra Kyenge?” I giudici: “Razzismo evidente”

Depositate le motivazioni della condanna dell’ex leghista Dolores Valandro. “Ministra presa di mira perché nera e africana”

Roma – 18 settembre 2013  – Quando l’ex leghista Dolores Valandro ha auspicato su Facebook lo stupro di Cècile Kyenge era mossa da razzismo. La ministra è diventata il suo obiettivo perché è nera e africana.

È con questa convinzione che il 17 luglio i giudici del tribunale di Padova hanno condannato Valandro in primo grado per “istigazione alla violenza (sessuale) per motivi razziali”. Punendola con tredici mesi di reclusione (ma la pena è sospesa), il divieto di fare comizi e propaganda elettorale per tre anni e tredicimila euro di risarcimento per le parti civili.

 “È evidente che alla base del comportamento tenuto dall’imputata vi è proprio il pregiudizio razzista per cui una persona andrebbe valutata per alcune caratteristiche che si presumono fondamentali, quali appunto il colore della pelle o la mera provenienza geografica, e per quello che essa rappresenterebbe e non invece per quello che fa…” si legge nelle motivazioni della sentenza, depositate pochi giorni fa.

“Non è possibile – insistono il giudici – alcuna interpretazione alternativa a quella di un preciso pregiudizio razzista estrinsecatosi in un invito esplicito allo stupro nei confronti della ministra in quanto meritevole di ciò per le sole circostanze… di provenienza geografica e di colore della pelle”.

Secondo la corte “l’incitamento allo stupro e la provocazione alla violenza sono indiscutibili” e “la frase di incitamento della Valandro non può neppure essere ritenuta priva di ogni possibilità di effetto pratico”.  

Facebook, per la sua “capillare diffusione”, ne amplifica gli effetti. Lo dimostrano i “messaggi di altre persone, provocati dall’intervento di Valandro, nessuno dei quali… pone in dubbio il collegamento e l’interpretazione appena esaminati, mentre quelli di adesione esprimono “auspici e intendimenti” di tenore analogo a quello espresso dall’imputata”.

Valandro scrisse quella frase commentando la notizia di tentato stupro da parte di un immigrato africano, sostenendo in aula che sua figlia era stata vittima di un’aggressione simile.  Un racconto che i giudici definiscono “privo di plausibilità e del tutto carente”. Negate anche le attenuanti generiche, “visto il suo ruolo pubblico ancorché strettamente locale [l’imputata era consigliera di quartiere n.d.r.] e il comportamento successivo”.
 

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