Nel confronto di ieri sera tra il presidente e il candidato repubblicano anche le ricette per regolari e clandestini. Ecco le battute principali
Roma – 17 ottobre 2012 – Praticamente assente nel primo dibattito televisivo tra i candidati alla Casa Bianca, ieri sera l’immigrazione è stata invece uno dei temi del secondo confronto in diretta tra Barack Obama e Mitt Romney, che alla Hofstra University hanno risposto alle domande di un campione di elettori indecisi.
Uno di questi ha chiesto a Romney cosa intendesse fare “con gli immigrati senza green card che vivono qui e sono membri produttivi della società”. “Siamo una nazione di immigrati. Diamo il benvenuto alle persone ce vengono in questo Paese legalmente” ha esordito lo sfidante, spiegando di voler migliorare il sistema di ingressi legali, semplificandolo e garantendo visti agli immigrati più qualificati, ad esempi i laureati in materie scientifiche, dei quali gli Usa hanno bisogno.
“Dobbiamo però fermare l’immigrazione illegale. Ci sono 4 milioni di persone che aspettano di entrare legalmente, quelli che sono qui illegalmente hanno preso il loro posto. Per questo non garantirò un’amnistia ai clandestini” ha sottolineato il candidato repubblicano, che però si è detto favorevole alla creazione di percorsi di regolarizzazione per i figli dei clandestini, che ad esempio “prestando il servizio militare potrebbero guadagnare un permesso permanente”.
Romney ha poi attaccato Obama per la promessa, non mantenuta, di realizzare una riforma dell’immigrazione nel suo primo anno alla Casa Bianca. Un’accusa respinta da Obama, che ha detto che i suoi sforzi per convincere il congresso sono stati vanificati proprio dall’ostruzionismo dei Repubblicani.
Anche il presidente in carica ha detto “siamo una nazione di immigrati”. “Capiamo tutti che questo Paese è cresciuto perché talenti da tutto il mondo sono arrivati qui, persone che hanno rischiato e che hanno voluto costruire i loro sogni e permettere ai loro figli di avere sogni ancora più grandi”.
“Siamo però anche una nazione di leggi. Per questo ho detto che bisognava riparare un sistema dell’immigrazione rotto e ho fatto quanto era in mio potere” ha aggiunto Obama, citando la semplificazione della burocrazia degli ingressi legali e il rafforzamento dei controlli al confine, che ha portato gli ingressi illegali “ai livelli più bassi degli ultimi 40 anni”.
Poi Obama ha difeso la sua filosofia sulle espulsioni: “Dobbiamo andare dietro ai criminali, alle bande, agli elementi nocivi per la società, non agli studenti, non a quanti sono qui solo perché non sapevano come sfamare le loro famiglie”. E ha citato ancora una volta i ragazzi arrivati negli Usa per seguire i genitori clandestini, che “hanno fanno la scuola qui, hanno giurato fedeltà alla bandiera, pensano che questo è il loro Paese , si considerano Americani in tutto, tranne che per i documenti. E noi dobbiamo assicurare loro un percorso verso la cittadinanza”.
Il presidente ha rinfacciato a Romney il suo appoggio alla legge dell’Arizona che permette alle forze dell’ordine di fermare le persone che “sembrano” immigrati irregolari. Il repubblicano però ha detto di condividere solo la norma che impone una verifica del permesso di soggiorno da parte dei lavoratori prima dell’assunzione.
Per risolvere il problema dei dodici milioni di clandestini, Romney punta sui rientri volontari: “Lasciamo che siano le persone a scegliere. Se qui non trovano i benefici che cercavano e non possono trovare il lavoro che volevano, allora decideranno di andarsene in un posto dove hanno opportunità migliori”. E ha detto di ritenere giusto che retate e deportazioni siano riservate ai criminali.
Alla fine del confronto, Obama ha rilanciato la sua visione dell’immigrazione come una grande risorsa per gli Usa: “Quando noi pensiamo all’immigrazione, dobbiamo capire che ci sono persone in tutto il mondo che guardano ancora all’America come alla terra promessa. Ci forniscono energia, ci forniscono innovazione e creano aziende come Intel e Google. Noi vogliamo incoraggiarle”.
La trascrizione integrale del dibattito tra Obama e Romney
EP