Unione Forense e Cir annunciano battaglia: "La presenza di somali tra gli immigrati smentisce la legittimità dell’azione del Governo"
Roma – 14 maggio 2009 – "Il Governo Italiano non era legittimato al respingimento degli immigrati e rifugiati del 7 maggio scorso e dei giorni successivi. Tra i respinti in Libia, infatti, vi sono 24 persone, per la maggior parte somali ed eritrei, che mi hanno conferito procura per presentare ricorso contro il Governo italiano presso la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo”.
Sono le parole con le quali l’avvocato Anton Giulio Lana, membro del Direttivo dell’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo (organizzazione tra i fondatori del Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), annuncia battaglia.
“La presenza di somali tra gli immigrati smentisce la piena legittimità dell’azione del Governo e implica la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea sui Diritti Umani – continua Lana – che vieta, senza eccezione alcuna, la tortura e ogni trattamento inumano o degradante. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, infatti, tale divieto comporta l’obbligo degli Stati aderenti – tra cui naturalmente l’Italia – di non espellere o respingere persone verso Stati dove rischiano di essere sottoposti a pratiche lesive dell’integrità psico-fisica”.
“La Libia non ha aderito alla Convenzione di Ginevra sui Rifugiati – sottolinea Anton Giulio Lana – e non dispone sino ad oggi di alcun sistema di protezione dei rifugiati. È dunque alto, concreto e documentabile il rischio di rimpatrio in Somalia e in Eritrea o in altri Paesi che violano sistematicamente i diritti umani”.
L’Unione forense e il Cir denunciano “la violazione dell’art. 13 della Convenzione che tutela il diritto a un ricorso interno efficace, in questo caso la presentazione di una richiesta d’asilo, nonché la violazione dell’art. 4 del Protocollo IV aggiuntivo alla Convenzione Europea sui Diritti Umani, che vieta l’espulsione ed il respingimento collettivo di stranieri, senza provvedimenti individuali”.
“Risulta, infatti, che le persone respinte in Libia non siano state nemmeno identificate – conclude Lana – non sono state accertate le loro generalità, né tanto meno esse hanno ricevuto un provvedimento individuale di respingimento”.