Su diciannove alunni, solo due sono figli di italiani. Il provveditore: “Il Comune di Milano ci aiuterà, ma è un esperimento”
Roma – 30 agosto 2012 – Suonerà di nuovo la campanella della prima elementare nella scuola statale “Lombardo Radice” di via Paravia a Milano, nel multietnico quartiere di San Siro.
Dopo un anno di stop, a settembre entraranno in classe diciannove bambini, diciassette dei quali sono figli di immigrati e non hanno la cittadinanza italiana. Quasi tutti sono nati e cresciuti qui, ma per la legge sono otto egiziani , quattro marocchini, un ecuadoriano, un salvadoregno, un ucraino e un eritreo.
Proprio le troppe iscrizioni di figli di immigrati (o le troppo poche iscrizioni di figli di italiani) avevano spinto il provveditorato a non formare una prima elementare durante lo scorso anno scolastico, applicando così in maniera rigorosa il tetto del 30% di alunni non italiani deciso dall’ex ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini. E il tribunale gli aveva dato ragione, bocciando il ricorso di alcuni genitori.
Stesso copione sembrava in programma anche stavolta, con il rischio che nel giro di qualche anno la scuola chiudesse definitivamente i battenti. Una mediazione del Comune di Milano ha però spinto l’ufficio scolastico provinciale a tentare quello che il dirigente Giuseppe Petralia presenta come una sorta di esperimento.
“Questo sarà un anno di standby, in collaborazione con il Comune, che mi ha garantito di intervenire per creare una situazione di integrazione e rilanciare la scuola. Ho acconsentito ad aprire una prima, ma se le cose non dovessero andare come promesso – avvisa Petralia – sono pronto a chiudere l’esperienza”.
EP