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Ue, rapporto: discriminati cittadini e immigrati musulmani

Rapporto dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali ROMA, 29 maggio 2009 – I musulmani sono vittima di discriminazioni in Europa.

Lo si legge in un rapporto pubblicato dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra) che sottolinea al contempo che la discriminazione è più direttamente legata all’etnicità che non direttamente alla fede delle persone vittime del razzismo.

Lo studio afferma che, al pari di altri gruppi, gli islamici sono vittime della discriminazione, che molti non sono a conoscenza degli strumenti che la legge fornisce a loro tutela e che si registra anche una mancanza di fiducia nei riguardi di tali meccanismi. Il rapporto prende in considerazione i cittadini musulmani di 14 Paesi europei da un lato, e tutti i migranti di fede musulmana sull’intero territorio dell’Unione dall’altro. Analoghi i risultati per i due gruppi: il 31 per cento del primo campione ha subito atti di discriminazione negli ultimi 12 mesi contro il 37 per cento del secondo gruppo. Rispettivamente l’11 e il 12 per cento del primo e del sencond campione sono stati vittime di reati a sfondo razzista, mentre il 79 e l’81 per cento non hanno denunciato la discriminazione subita.

Il rapporto spiega ancora che il principale luogo di discriminazione è quello del lavoro (18 per cento), seguito da quello dei servizi (13 per cento) quali bar, ristoranti e nei rapporti di locazione di immobili. La durata della permanenza in un Paese è inversamente proporzionale al tasso di discriminazione con il 45 per cento dei residenti fino a 4 anni che hanno dsubito atti razzisti contro il 25 per cento di quelli che sono nati in un Paese Ue. Il 29 per cento dei musulmani tra i 16 e i 24 anni e’ vittima del razzismo contro il 48 per cento dei residenti privi di cittadinanza. Poco significativa e’ invece la differenza tra il tasso di razzismo subito dai due sessi. Quanto poi all’altissimo numero di persone che non denuncia la violenza verbale o fisica subita, il 59 per cento degli intervistati crede che il ricorso alle autorita’ "non cambierebbe in alcun modo la situazione", il 38 asserisce che "succede sempre" per cui non ritiene opportuno ricorrere alle denunce. Il 33 per cento "non e’ al corrente" di poter rivolgersi alle autorita’ mentre il 21 per cento "teme le conseguenze" di un’azione simile.

Pure rilevante il fatto che solo il 10 per cento degli intervistati vittime del razzismo negli ultimi 12 mesi crede che la discriminazione sia solamente legata alla loro fede. Il restante 75 per cento ritiene l’origine etnica una componente essenziale della discriminazione subita. Allo stesso tempo il 51 per cento dei musulmani, rispetto al 20 per cento dei non islamici, crede che il razzismo su base religiosa sia "molto" o "abbastanza" diffuso. La questione del velo indossato dalle donne islamiche, invece, non sembra aumentare le probabilita’ di subire atti discriminatori. Un risultato, si osserva nel rapporto, che contraddice la credenza comune sul presunto impatto negativo dell’abbigliamento tradizionale e del velo. Quanto infine al rapporto con le forze dell’ordine, gli immigrati in Italia (74 per cento), Francia (72) e Spagna (66) ritiene di essere fermato dalla polizia per la loro diversa etnicita’, contro rispettivamente il 6 per cento in Lussemburgo, il 5 in Slovenia, il 2 per cento in Bulgaria.

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