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Visti umanitari per l’Italia, ingresso sicuro per 1000 profughi

Uffici in Marocco, Libano ed Etiopia per strappare disperati ai trafficanti di uomini. Parte il progetto di Sant’Egidio, Chiese Evangeliche e Tavola Valdese

 

Roma – 12 dicembre 2015 – Si chiamano corridoi umanitari e servono a salvare vite. Permetteranno ai profughi di arrivare in Italia senza rischiare la morte sui barconi.

Ad aprirli, per la prima volta nel nostro Paese, è un’intesa firmata ieri da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e Tavola Valdese con i ministeri degli Esteri e dell’Interno. Il prossimo passo sarà l’istituzione di uffici in Marocco, in Libano e, successivamente, in Etiopia per profughi provenienti da Siria, Etiopia e altri Paesi dell’Africa Subsahariana.

Quegli uffici stileranno delle liste di profughi in condizioni di “vulnerabilità” come donne sole con bambini, vittime potenziali della tratta di essere umani, anziani, persone affette da disabilità o serie patologie, e soggetti riconosciuti dall’UNHCR come rifugiati. L’Italia rilascerà loro dei visti d’ingresso umanitari per arrivare qui, in aereo o in nave. 

Il progetto per ora prevede l’arrivo di mille persone. Una volta qui, verranno inseriti in percorsi di integrazione: impareranno l’italiano, verranno affiancati nell’avviamento al lavoro e i minori potranno andare a scuola. 

Le spese di viaggio (decisamente inferiori a quelle che si sosterrebbero affidandosi agli scafisti), l’ assistenza legale e l’ ospitalità saranno a carico delle associazioni, coperte per lo più dall’’8 per mille della Tavola Valdese e con fondi della Comunità di Sant’Egidio. È il sistema dello sponsorship, con associazioni o privati che fanno arrivare persone in Italia grantendo loro alloggio e sostentamento. 

“Questo progetto è come un accordo di pace perché permetterà di salvare tante vite umane” ha commentato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo. “Mille persone, per ora, e speriamo di più in futuro saranno finalmente sottratte al rischio di morire in mare, ma anche allo sfruttamento economico da parte dei mercanti di uomini”.

 

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