Dopo aver abbandonato la costruzione del “muro della vergogna” il governo di Atene passa al fossato per difendersi dagli immigrati provenienti dalla Turchia
Roma, 5 agosto 2011 – Un anno difficile per la Grecia, non solo dal punto di vista economico ma anche e soprattutto per la costante emergenza immigrazione. Dopo aver affrontato disordini di ogni tipo, sino ai 40 clandestini iraniani che si cucirono le labbra in segno di protesta nella primavera scorsa, oggi torna con grande urgenza il tema immigrazione nell’agenda politica di Atene.
Infatti il governo del primo ministro Papandreou è dovuto intervenire duramente per cercare di arginare il fiume di immigrati che costantemente varcano il confine tra Turchia e Grecia per approdare poi in Europa, passando proprio per il varco sul fiume Evron.
Stando ai dati forniti dal governo solo nel 2010 sono stati quasi 130mila gli immigrati giunti ad Atene e negli ultimi quattro anni i dati sono ancora più allarmanti, con cifre che parlano di quasi mezzo milione di arrivi, il più dei quali proprio dal confine con la Turchia, dove i controlli tra i due stati sono al centro della polemica. Dati che sembrano essere confermati anche dall’agenzia europea Frontex che parla di una media di 250 persone che quotidianamente superano il confine turco-greco.
Dopo aver dovuto abdicare al maxi piano che prevedeva la costruzione di una muraglia, rinominata prontamente dalle opposizioni “muro della vergogna”, Atene ha deciso così di costruire, sullo stesso confine, un fossato lungo 120 chilometri, largo 30 metri e profondo 7 per arginare la crisi immigratoria.
Secondo quanto riporta oggi il quotidiano ellenico “To Vima” sarebbero già iniziati i lavori con gli scavi dei primi 14 chilometri presso la località di Orestiada, nella periferia orientale della Tracia. Altri organi d’informazioni greci hanno anche pubblicato le prime foto del fossato con il sopraluogo del vice-generale Frangos Frangoulis mentre controlla il lavoro dei militari all’opera.
Anche quest’opera decisa dal governo non ha riscosso il favore e l’appoggio trasversale richiesto per una tale impresa, con lo scetticismo esposto dall’Europa e dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati che si era espresso contrariamente già sulla costruzione del muro, perché la “pratica dei respingimenti risulta sbagliata” in qualsiasi situazione, soprattutto se svolta in maniera così generalizzata senza i dovuti riscontri su chi dovrebbe invece legittimamente godere dello status di rifugiato e quindi essere accolto.
M.I.