Oltre 7 mila quelli presentati in Commissione Affari Costituzionali, la maggior parte dal Carroccio. Ora tocca alla maggioranza superare l’ostruzionismo di chi non vuole che i figli degli immigrati siano italiani
Roma – 27 aprile 2016 – “Faremo le barricate contro la riforma della cittadinanza”, avevano detto Lega Nord e Forza Italia. Con buona pace dei figli degli immigrati, sono state di parola.
La discussione generale in Commissione Affari costituzionali si è conclusa il 3 febbraio, ed è stata seguita, il 30 marzo e il 12 aprile, da un ciclo di audizioni informali per sentire il parere di esperti e associazioni sulle nuove regole per diventare italiani. Poi la palla è tornata ai senatori, chiamati a presentare emendamenti al testo approvato lo scorso ottobre dalla Camera dei Deputati.
Il termine per la presentazione scadeva oggi alle 13.00 e il risultato è una valanga di 7 mila emendamenti, in buona parte presentati dal partito di Matteo Salvini. Ci vorrà tempo anche solo per metterli in ordine e pubblicarli, per esaminarli e votarli tutti ci vorrebbe un’eternità. Quello che dicono, uno a uno, passa in secondo piano. In fin dei conti dicono tutti una cosa sola: il centrodestra questa riforma non la vuole.
Molti di quegli emendamenti, identici tra loro se non per una virgola, una parola spostata o un sinonimo, cadranno sotto la falce dell’ammissibilità, che è in mano alla presidenza della Commissione. Ne rimarranno però comunque abbastanza per ostacolare il cammino della riforma e a quel punto toccherà alla maggioranza prendere le contromisure.
Gli strumenti per superare l’ostruzionismo esistono nei regolamenti e nelle prassi parlamentari, vanno dai “canguri” alle calendarizzazioni forzate, fino ai maxiemendamenti sui quali il governo pone la fiducia. Scenari che non è più prematuro ipotizzare e che almeno possono far ancora sperare le seconde generazioni.
Non saranno quei 7 mila emendamenti a uccidere la riforma, purché chi finora ha detto di volerla condurre in porto non la lasci ammazzare.
Elvio Pasca