A Brescia il più diffuso è Singh, a Prato è Chen. Ecco come le migrazioni lasciano il segno nelle anagrafi (anche grazie alla scarsa varietà dei nomi di famiglia di alcune comunità). La ricerca
Roma – 18 aprile 2012 – Il cognome più diffuso a Brescia? L’indiano e pakistano Singh. A Prato vince il cinese Chen. A Milano gli Hu ormai battono i Brambilla, a Imperia la medaglia d’argento è dei tunisini Fatnassi…
Sono gli “Italiani del XXI secolo”, come si intitola la ricerca sui cognomi del Belpaese realizzata dal docente di Onomastica Enzo Caffarelli pubblicata sull’ultimo numero di Anci Rivista, il giornale dell’associazione dei Comuni italiani. Un modo per raccontare, spulciano le schede delle Anagrafi, come le migrazioni hanno cambiato il volto del Paese.
E non parliamo solo di chi è arrivata dall’altro capo del mondo nella nostra storia più recente, ma anche di chi partiva nel secolo scorso dalle regioni meridionali verso le metropoli industriali del settentrione. A Torino, ad esempio, si registra per la prima volta il primato del quasi esclusivamente meridionale Russo, che ha scalzato il nome di famiglia piemontese per eccellenza, Ferrero.
“Questa ricerca ci fa intendere come la nostra comunità si sia mescolata, prima tra la popolazione meridionale e settentrionale e poi, in seguito al fenomeno migratorio, tra la popolazione straniera e quella italiana. Se la convivenza virtuosa tra italiani del Sud e del Nord è ormai un dato di fatto la sfida oggi è quella di portare a compimento il processo di integrazione tra i vari stranieri arrivati e gli italiani stessi”.” ha commentato il sindaco di Padova e delegato Anci all’Immigrazione, Flavio Zanonato, durante la conferenza stampa di presentazione.
Dietro la straordinaria ascesa dei cognomi stranieri ci sono sì le migrazioni, ma anche, scrive Cafarelli, “la forte concentrazione cognominale che caratterizza alcune comunità”. Basti pensare, ad esempio, al fatto che Singh (letteralmente “leone”) si chiamano praticamente tutti i maschi della comunità sikh, i più numerosi tra gli indiani in Italia. “Anche i senegalesi e gli africani del golfo di Guinea – nota ancora lo studioso – presentano un numero limitato di nomi di famiglia”.
Lo stesso, si legge ancora nella ricerca, può dirsi dei cinesi. “Notoriamente una manciata di cognomi rappresenta un terzo dell’intera popolazione del Paese;ma la grafia occidentalizzata inganna: in realtà dietro ogni nome che leggiamo –Li, Chen, Huang – ci sono vari significati e dunque numerosi ceppi familiari e dinastici; occorrerebbe non solo conoscere gli ideogrammi cinesi, ma anche l’inflessione della voce necessaria alla pronuncia corretta per poterli distinguere”.
Chi non ha voglia di imparare il cinese per capirne di più, almeno dia un’occhiata alla sezione della ricerca che spiega il significato letterale dei cognomi stranieri più diffusi, dall’arabo Abdul, che è il “servo” (spesso di Allah), al cinese Zhu, che è invece è un semplice un toponimo, passando per il romeno Ciobanu, “pastore”. Non solo signor Rossi, l’Italia del XXI secolo si chiama anche così.
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Anci Rivista: “Italiani del XXI secolo”
Elvio Pasca