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Foggia, tratta di ragazze romene schiavizzate: sei arresti

Collaborazione tra la Direzione distrettuale antimafia di Bari e i Carabinieri Milano, 25 maggio 2010 – Facevano arrivare in Italia ragazze romene con la falsa promessa di un lavoro e poi le costringevano a prostituirsi nelle campagne foggiane. Per questo, con l’accusa di riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione, estorsione e ricettazione, i carabinieri del Comando provinciale di Foggia hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone, tra cui alcuni cittadini romeni, di Apricena (Foggia).

Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari sono iniziate nel dicembre 2008 dopo la denuncia sporta da due ragazze romene che hanno permesso di scoprire l’esistenza di una banda di loro connazionali che, con l’ausilio di alcuni pregiudicati italiani, organizzava la tratta e lo sfruttamento.

L’inchiesta ha preso avvio dopo che il 16 dicembre 2008 una giovane donna di origini romene ha denunciato due suoi connazionali, i fratelli Valentin e Costantin Onica, di 33 e 21 anni ed entrambi residenti ad Apricena, che l’avevano convinta e avevano organizzato il suo viaggio in Italia con la prospettiva di trovare un impiego nei campi dell’alta capitanata per la raccolta estiva del pomodoro.

Arrivata nell’agosto del 2008 ad Apricena, la ragazza ha lavorato per un breve periodo nei campi ma poi i due fratelli le hanno preso i documenti e minacciandola l’hanno costretta a prostituirsi, sottraendole poi l’intero provento delle prestazioni sessuali. A dicembre, i due aguzzini sono partiti con le rispettive famiglie per la Romania, abbandonando la ragazza letteralmente in mezzo ad una strada. Solo allora, con l’aiuto di una connazionale, la giovane è riuscita a trovare la forza per denunciare l’intera vicenda.

Dalle indagini è emerso che Valentin e Costantin Onica facevano parte "di un circuito che si occupava di far venire in Italia cittadini romeni per la raccolta dei pomodori" e poi di individuare tra questi le ragazze che "potevano essere più proficuamente indirizzate nel settore della prostituzione". I carabinieri spiegano infine che "talvolta gli indagati offrivano le prestazioni sessuali delle ragazze rumene avviate alla prostituzione per ricevere commesse di lavoro agricolo per i loro braccianti rumeni, lavoratori che venivano tenuti in condizioni di palese sfruttamento, privati dei documenti, costretti a dormire senza materassi e a lavorare per giornate intere con le macchinette dei pomodori per pochi spiccioli, senza, a volte, ricevere il compenso stabilito".

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