I piani del ministro dell’Interno Rudd: “Immigrati non prendano i posti dei britannici”. Restrizioni anche per gli studenti. Polemiche le imprese: “Un errore, siamo fieri di attrarre talenti”
Londra – 5 ottobre 2016 – “Prima i nostri”. Dopo la Brexit, la svolta nazionalista del Regno Unito significa anche nuove restrizioni per lavoratori e studenti stranieri e pressioni sulle aziende perché cerchino manodopera in casa e non dall’estero.
Ieri, annunciando alcuni dei suoi piani sull’immigrazione a una convention dei conservatori, l’home secretary Amber Rudd ha messo sul piatto anche l’obbligo per le compagnie di rivelare la percentuale di stranieri sul totale di dipendenti. Inoltre vuole inasprire il “resident labour market test”, che oggi obbliga le aziende a pubblicare gli annunci di lavoro per 28 giorni nel Regno Unito prima che all’estero.
“Noi diciamo che i livelli di disoccupazione sono bassi, ma il 10% di chi ha tra i 18 e i 24 anni è ancora disoccupato e io voglio che le imprese diano la precedenza alla formazione di personale locale dove possibile”. Quanto al test, “dovrebbe assicurare che le persone che vengono riempiono dei vuoti nel mercato del lavoro, non che prendano lavori che possono fare i britannici”.
Rudd ha annunciato anche restrizioni sui visti d’ingresso per studio, che saranno concessi sulla base della qualità dell’università, così come l’istituzione di un fondo da 140 milioni di sterline per “controllare l’immigrazione”. E ha ripetuto di voler far scendere “da centinaia a decine di migliaia” i nuovi arrivi, una promessa non mantenuta in passato né da David Cameron, né dall’attuale primo ministro Teresa May, che pure ha preceduto Rudd come Home secretary.
Le anticipazioni di Rudd hanno scatenato le polemiche in particolare per quanto riguarda le liste dei lavoratori stranieri chieste alle aziende. C’è chi le ha definite “liste di proscrizione” e chi le ha paragonate addirittura alle stelle gialle con le quali i nazisti marchiavano gli ebrei, tanto che il ministro in una successiva intervista alla Bbc si è affrettata a negare che possano diventare un “marchio di infamia” o che nascano da un atteggiamento xenofobo.
Le aziende difendono il diritto di cercare dove vogliono i lavoratori migliori. “Quest’idea che diventi una vergogna avere lavoratori stranieri è assolutamente sbagliata, noi non siamo quel genere di Paese” ha detto Carolyn Fairbairn, direttore generale della Confederation of British Industry, la Confindustria britannica.
“Siamo stati un magnete per i talenti per molti anni. Dovremmo essere fieri – ha spiegato – della nostra abilità ad attrarre il meglio. Le misure annunciate da Amber Rudd saranno dannose per gli affari, proprio ora che [dopo la Brexit ndr] stiamo cercando di essere fiduciosi sulla nostra capacità di attrarre investimenti e talenti nel nostro Paese”.