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Il Papa a Lesbo: “L’Europa accolga”. E torna con dodici profughi

L’appello di Francesco a “non alzare recinti”,  davanti “alla catastrofe umanitaria piu’ grande dopo la Seconda Guerra Mondiale”. In volo con Bergoglio e accolte in Vaticano tre famiglie siriane

 

Roma, 16 aprile 2015 – E’ stata “una visita di natura ecumenica e umanitaria” come l’ha presentata il Vaticano, certo, ma con il viaggio di poche ore che Papa Francesco ha compiuto nell’isola greca di Lesbo, dalle nove e mezza alle 14.30, per incontrare i profughi chiusi in un campo di accoglienza e commemorare i migranti defunti nel tentare di raggiungere la costa europea, Jorge Mario Bergoglio ha fatto un accorato appello all’Unione europea affinché ricordi di essere una “patria dei diritti”, rifugga “dall’illusione di innalzare recinti per sentirsi piu’ sicura”, e perché i suoi abitanti, come il Buon Samaritano, aiutino i migranti “in quello spirito di fraternita’, solidarieta’ e rispetto per la dignita’ umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia”.

Papa Francesco ha detto, fin dal saluto ai giornalisti che lo accompagnano nell’aereo, che quello di oggi era “un viaggio un po’ diverso dagli altri. Nei viaggi apostolici noi andiamo a fare tante cose: vedere la gente, parlare… c’e’ anche la gioia dell’incontro. Questo e’ un viaggio segnato dalla tristezza, questo e’ importante. E’ un viaggio triste. Noi andiamo ad incontrare la catastrofe umanitaria piu’ grande dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Un tono drammatico che ha mantenuto per tutto il viaggio. Pur evitando polemiche aperte con le cancellerie europee, Francesco ha fatto appello ripetutamente alla “comunita’ internazionale” per una soluzione della “crisi umanitaria” in corso piu’ degna dell’uomo.

“Sono venuto qui con i miei fratelli, il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos, semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie. Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro”, ha detto Bergoglio al campo profughi. “Non perdete la speranza!”, ha detto ai rifugiati. E poi: “Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il Buon Samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternita’, solidarieta’ e rispetto per la dignita’ umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia”.

Nel documento congiunto firmato con Bartolomeo e Ieronimous, i tre leader religiosi accennano implicitamente ai corridoi umanitari, scrivendo alla comunità internazionale di “eliminare le rotte di viaggio pericolose che attraversano l’Egeo e tutto il Mediterraneo, e provvedere procedure sicure di reinsediamento”, estendere il diritto d’asilo, garantire lo status di rifiguato a chi e’ ideoneo (e non, sembra di leggere tra le righe, come avviene in seguito all’accordo tra la Ue e la Turchia, che da Lesbo dista poche miglia). Al porto di Lesbo, infine, dal presidio della guardia costiera, Francesco, Bartolomeo e Hieronimos hanno commemorato i migranti defunti con preghiere, un minuto di silenzio e il lancio di tre corone d’allora nel mare.

Il Papa e’ tornato ad elogiare il popolo greco, generoso nell’accoglienza degli stranieri nonostante i noti problemi economici e finanziari, per poi scandire: “L’Europa e’ la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, cosi’ si rendera’ piu’ consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere”. Ancora: “Voi, abitanti di Lesbo, dimostrate che in queste terre, culla di civilta’, pulsa ancora il cuore di un’umanita’ che sa riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella, un’umanita’ che vuole costruire ponti e rifugge dall’illusione di innalzare recinti per sentirsi piu’ sicura. Infatti le barriere creano divisioni, anziché aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri”.

La preghiera: “Dio di misericordia e Padre di tutti, destaci dal sonno dell’indifferenza, apri i nostri occhi alle loro sofferenze e liberaci dall’insensibilita’, frutto del benessere mondano e del ripiegamento su sé stessi”, “Ispira tutti noi, nazioni, comunita’ e singoli individui, a riconoscere che quanti raggiungono le nostre coste sono nostri fratelli e sorelle”, “Aiutaci a condividere con loro le benedizioni che abbiamo ricevuto dalle tue mani e riconoscere che insieme, come un’unica famiglia umana, siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te, che sei la nostra vera casa, la’ dove ogni lacrima sara’ tersa, dove saremo nella pace, al sicuro nel tuo abbraccio”.

A fine viaggio, come ha dichiarato il portavoce vaticano, Federico Lombardi, il Papa “ha voluto fare un gesto di accoglienza nei confronti dei rifugiati accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 minori. Si tratta di persone che erano gia’ presenti nei campi di accoglienza di Lesvos prima dell’accordo fra Unione Europea e Turchia”.

“L’iniziativa del Papa e’ stata realizzata tramite una trattativa della Segreteria di Stato con le autorita’ competenti greche e italiane. Tutti i membri delle tre famiglie sono musulmani. Due famiglie vengono da Damasco, una da Deir Azzor (nella zona occupata dal Daesh). Le loro case sono state bombardate. L’accoglienza e il mantenimento delle tre famiglie saranno a carico del Vaticano. L’ospitalita’ iniziale sara’ garantita dalla Comunita’ di Sant’Egidio”. 

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