Musulmana condannata a Pordenone. Si era fatta identificare dalla polizia, rifiutandosi però di scoprire il viso davanti a tutti
Pordenone – 11 novembre 2016 – Una maxi multa per aver indossato il niqab in municipio, rifiutandosi di scoprire il viso davanti a tutti. È destinata a far discutere la condanna inflitta oggi dal giudice per le indagini preliminari di Pordenone Alberto Rossi a una cittadina italiana di origine albanese.
La donna, 40 anni, vive dal 2000 a San Vito al Tagliamento, è musulmana e fuori casa indossa abitualmente il velo integrale che lascia scoperti solo gli occhi. Come altre mamme il 20 ottobre scorso era stata invitata insieme al figlio al Consiglio Comunale del ragazzi, evento aperto a scolaresche e genitori.
Il sindaco Antonio Di Bisceglie (Pd), notandola tra il pubblico, le aveva chiesto di scoprire il viso e, al suo rifiuto, aveva chiesto l’intervento della polizia municipale. La donna si era fatta identificare fuori dall’aula da due vigilesse, togliendo il velo, poi però lo aveva indossato di nuovo ed era tornata dentro.
A quel punto, il sindaco, dopo averle chiesto invano di farsi vedere da tutti, aveva chiuso la seduta del consiglio comunale dei ragazzi. “Eravamo in una sala istituzionale, in un laboratorio di democrazia – ha spiegato poi Di Bisceglie – Il rispetto delle regole democratiche è al primo posto, anche per la convivenza pacifica di tutta la comunità”.
Intervistata dal Messaggero Veneto, la donna ha spiegato di aver scoperto il viso senza problemi davanti alle vigilesse, ma che non riteneva giusto doverlo fare anche davanti a tutti i presenti. “Chiamando l’avvocato, ho avuto conferma che era mio diritto tornare in aula. Sono tornata per mio figlio”. Il caso, però, è finito in tribunale.
Il sostituto procuratore Federico Facchin ha chiesto di condannare la donna a quattro mesi di dentenzione per violazione della legge 152/1975. Questa vieta “l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”. Nel decreto penale di condanna emesso oggi dal gip Rossi la reclusione è stata convertita in una multa da 30 mila euro.
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