Il piano “straordinario” del Viminale di fronte a un intensificarsi degli arrivi via terra. Forti (Caritas): “Così si rischia di spingere più persone nel Mediterraneo”
Roma – 5 gennaio 2016 – L’Italia come la Svezia o la Danimarca. Controlli alle frontiere interne per fermare l’afflusso di profughi e migranti.
È l’ipotesi che il governo sta valutando ora di fronte all’aumento di ingressi via terra dal confine con la Slovenia. Sono ormai tra i 300 e i 400 a settimana e potrebbero aumentare con l’intensificarsi della crisi medio orientale e la chiusura dei Paesi del Nord Europa.
Secondo quanto riporta oggi il Corriere della Sera, la Direzione Immigrazione e Polizia delle Frontiere del Viminale ha già consegnato al ministro Angelino Alfano un piano per il ripristino dei controlli tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia. Sarebbero interessati i valichi terrestri e ferroviari, non quelli aerei.
“Una misura straordinaria – hanno spiegato al Corriere fonti del ministero – ma che diventerà operativa qualora dovessero aumentare gli ingressi e soprattutto continuare a mancare quel clima di collaborazione che era stato invece promesso nel corso dell’estate”.
L’Italia reagirebbe insomma così alle mosse dei nostri partner europei (anche la Francia, dopo le stragi di Parigi, ha sospeso Schengen) e al fallimento, finora, del piano di redistribuzione di profughi in altri Paesi Ue. Questo mentre siamo sotto procedura di infrazione per la mancata identificazione di chi arriva via mare.
“Se anche l’Italia ripristinerà il controllo alle frontiere, entrerà in un circuito che sappiamo non porterà lontano” nota però Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas, intervistato da Redattore Sociale. “Consiste nello scaricare al paese più vicino o più a sud un problema dalle caratteristiche epocali, che non si risolverà certo chiudendo le singole frontiere. E’ la mancanza di un piano europeo che fa muovere i Paesi in ordine sparso, chiudendosi a riccio”.
“Il nostro timore – denuncia inoltre Forti – è che i migranti, i quali certo non si scoraggiano di fronte a una frontiera chiusa, saranno costretti ad abbandonare la rotta balcanica, più sicura, per imboccare quella del Mediterraneo, che sappiamo essere la più pericolosa. Il rischio è che l’unico canale d’ingresso all’Europa resti quello in cui registriamo il maggior numero di morti”.