In piena crisi economica e occupazionale il governo di Zapatero ripristina l’obbligo del permesso di lavoro per i cittadini di Bucarest
Roma, 12 agosto 2011 – Era il 2009 quando, in pieno boom economico, la Spagna cancellò la norma che imponeva ai lavoratori romeni di possedere un permesso di lavoro previsto dal Trattato di adesione della Romania all’Europa.
A distanza di tre anni il Governo Iberico è tornato sui suoi passi e con l’avallo da parte di Bruxelles hanno ripristinato, di gran fretta, l’obbligo del possesso di tale permesso per i cittadini di Bucarest che oggi sono in Spagna. La decisione è stata resa nota ieri dal Commissario Ue Laszlo Andor che ha parlato di “provvedimento straordinario per far fronte alla particolarissima e grave situazione occupazione in Spagna” dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto la cifra record del 21,29%.
Il provvedimento varato rappresenta un’eccezione alle norme che consentono la libera circolazione dei lavoratori nei paesi dell’Unione Europea e sarà attivo dal mese di agosto fino alla fine del 2012. In realtà il possesso del permesso di lavoro era un requisito indispensabile per i lavoratori romeni che si trovano nei Paesi europei, perché nel Trattato di adesione della Romania all’Ue era prevista una moratoria di sette anni che impediva ai romeni di lavorare senza permesso fino al 2014.
La decisione spagnola ha avuto subito una forte ripercussione nell’agricoltura, settore in cui sono maggiormente impiegati i romeni, che nel paese sono circa 800mila (all’inizio del 2006 erano appena 200mila) e rappresentano la più grande comunità straniera presente nella penisola. Secondo le stime del governo Zapatero sono circa 300mila i romeni che hanno un lavoro e pagano le tasse mentre sono circa 50mila quelli che godono di un sussidio di disoccupazione. Secondo i dati del ministero del lavoro iberico nell’ultimo anno sono circa 191mila i romeni che hanno perso il lavoro e rappresentano il 30% della comunità.
Contrari alla scelta del governo sembrano essere solo gli imprenditori e i lavoratori stranieri rappresentati da Diana Dinu ha definito la decisione “una norma ad hoc contro un singolo popolo, i romeni, ai quali il governo vuole attribuire la responsabilità dell’alto tasso di disoccupazione nazionale”.