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Mi chiamo Massimo, sono un nero italiano

Uno dei fondatori del collettivo Black Italians racconta il suo cammino alla ricerca di un’identità. “A 17 anni avevo superato il problema…”

 

 

Roma – 10 settembre 2015 – Mi chiamo Massimo, ho 23 anni e studio Scienze Politiche all’Università Roma Tre. Sono uno dei co-fondatori di Neri Italiani Black Italians. Sono nato in Italia da madre nigeriana e padre senegalese (che non è venuto in Italia con mia mamma) e sono stato adottato da una famiglia italiana a due anni. 

Da quando ho memoria, ricordo di essermi sempre sentito diverso dai miei compagni di gioco, di scuola, di sport. I bambini sono curiosi e le loro domande mi facevano sentire a disagio e fuori posto. I miei genitori mi hanno aiutato molto spiegandomi le mie origini e allo stesso tempo “riempiendomi di cultura italiana,” l’unica che abbia mai respirato in casa mia e attorno a me per i primi 13-14 anni della mia vita. 

Crescendo, i miei genitori mi hanno sempre detto che per integrarmi perfettamente (io e mia sorella eravamo gli unici “neri integrati” nella mia cittadina) dovevo essere tra i migliori in tutto quello che facevo (scuola, calcio, amici) ma essere umile come se fossi tra i peggiori, almeno fino a quando la maggior parte delle persone intorno a me avesse accettato le mie qualità senza ritenermi uno sbruffone. Può sembrare ingiusto, ma non ci sono molte cose giuste nella vita e all’epoca questo era il modo più rapido per ottenere ciò che volevo, ossia essere riconosciuto il più possibile “come tutti gli altri“. 

Non ho dovuto rinnegare la mia seconda cultura come molti miei colleghi Black Italians perché non ho una seconda cultura, ma verso la fine delle scuole medie ho iniziato a realizzare che non avevo molto di italiano con cui relazionarmi: in televisione, sulle riviste, nello sport, non c’era niente di italiano e nero, due aggettivi che mi descrivevano imprescindibilmente. 

Per questo mi sono affacciato alla cultura afro-americana, all’hip-hop, al basket dell’NBA. Per questo ho imparato l’inglese a un livello superiore alla media: perché mi serviva a trovare un’identità nel momento in cui una persona ne ha più bisogno. A 17 anni avevo superato il problema dell’identità: sono italiano e ho la pelle scura. 

Per me il processo è stato più facile rispetto ai miei colleghi perché ho avuto il supporto e la guida di due genitori italiani e perché abitando in una piccola città è stato più facile essere riconosciuto dalla maggior parte delle persone, cosa che ha aiutato molto la mia autostima e la mia consapevolezza di me stesso: nessuno, a Ventimiglia, mi parla in inglese o in francese pensando che non sia italiano, nessuno mi guarda con ansia e preoccupazione: tutti sanno che sono Massimo.

Massimo Lombardo

Neri italiani – Black italians è “un collettivo che lotta per il cambiamento dell’immaginario comune, senza essere soggetto a ideologie”. Vai alla pagina Facebook

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