Continuano ad aumentare, ma la sfida è passare dalle ditte individuali a forme più strutturate, aperte anche agli italiani. Il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2015 Idos
Roma – 10 novembre 2015 – Ben 94 miliardi di euro l’anno, il 6,5% del valore aggiunto nazionale. Tanto vale il contributo dato all’Italia dagli imprenditori immigrati.
All’inizio del 2015, le imprese gestite da cittadini nati all’estero erano 524.674 (l’8,7% del totale). Lo scorso anno sono aumentate di quasi 28 mila unità (+ 5,6%), mentre tra quelle gestite dagli italiani ne sparivano 48 mila.
A rendere conto oggi di questa importante fetta del nostro tessuto produttivo è il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2015, curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS, in partenariato con la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa e con MoneyGram. Dice che le imprese con titolare nato all’estero sono quasi sempre a esclusiva partecipazione immigrata (94,1%). Tra di esse, le imprese individuali sono 421.004: 1 ogni 8 tra tutte le imprese individuali del Paese.
Il loro contributo al Pil crescerà con l’aumento delle forme societarie più strutturate e aperte alla compartecipazione degli autoctoni (nel 2014 sono 57.000 le società di capitale, aumentate del 14,5% in un anno). Sono invece ancora poche le start up innovative a prevalenza straniera (95, solo il 2,2% del totale a giugno 2015), e ciò, scrivono i ricercatori, denota il cammino da fare sul versante dell’innovazione.
Nel comparto del noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese le 27mila attività guidate da immigrati influiscono per il 15,4% sul totale, più di quanto avvenga nelle costruzioni (14,8%) e nel commercio (12,1%), che pure rappresentano i due principali comparti di attività (188mila imprese, il 35,8% del totale per il commercio e 128mila, il 24,3% del totale per l’edilizia). Il settore terziario da solo incide per il 56,9%, mentre è residuale l’impegno in agricoltura (2,7%), un ambito che richiede notevoli investimenti iniziali.
Quanto alla diffusione territoriale, nel Settentrione si concentra oltre la metà delle imprese a conduzione immigrata (30,1% al Nord Ovest e 21,1% al Nord Est). Seguono le regioni centrali (26,7%) e il Meridione (22,3%), dove l’incidenza sul totale delle imprese locali è quasi dimezzata rispetto al Centro-Nord (5,8% vs 10,1%). La Lombardia (100mila aziende, 19,0%) e il Lazio (67mila, 12,8%) primeggiano in graduatoria, come anche le province di Roma (57mila, 10,9%) e di Milano (45mila, 8,6%).
I gruppi nazionali maggiormente dediti all’imprenditoria sono quelli marocchino (15,2%), cinese e romeno (11,2% ciascuno), che si segnalano rispettivamente nel commercio, nella manifattura e nell’edilizia. Le sei collettività più numerose coprono da sole oltre la metà dei responsabili di imprese individuali nati all’estero (55,4%).
Come rendere le imprese degli immigrati più dinamiche, diversificate e promettenti? La ricetta proposta dal Rapporto ha ingredienti ottimi anche per le imprese degli italiani:
“Semplificare la burocrazia; Agevolare il credito; Alleggerire la pressione fiscale; Sostenere l’imprenditorialità, anche dopo la fase di start-up ; Promuovere l’innovazione e la creatività; Promuovere l’adesione all’associazionismo di categoria e la formazione di consorzi; Investire sulla formazione d’impresa; Facilitare l’accesso e la comprensione dell’apparato burocratico-amministrativo; Allargare il raggio d’azione, anche in un’ottica transnazionale“.
Scarica la sintesi
Rapporto-Immigrazione e Imprenditoria 2015 (Sintesi)