Sei uomini e quattro donne, nuotatori, judoka e corridori, fuggiti da Siria, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan. La squadra scelta dall’Unhcr per gareggiare con la bandiera olimpica
Ginevra – 3 giugno 2016 – Il vero dream team di Rio 2016 è composto da atleti con un passato da incubo. Uomini e donne costretti a lasciare le loro case inseguiti dalle guerre, dalla violenza, dalle persecuzioni, ma che con una tenacia con si misura in medaglie hanno prima ricominciato a vivere, poi a gareggiare.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhrc) ha rivelato oggi i nomi dei dieci atleti rifugiati, sei uomini e quattro donne, che parteciperanno allo Olimpiadi, per la prima volta nella Storia, non in rappresentanza di questa o quella nazione, ma sotto la bandiera con i cinque cerchi intrecciati. Quella stessa bandiera disegnata dal barone Pierre de Coubertin come simbolo di un mondo unito.
Le donne sono: Yusra Mardini (scappata dalla Siria, 18 anni, 200 m. stile libero), Yolande Mabika (Rep. Dem. del Congo, 28 anni, judo, peso medio), Rose Nathike Lokonyen (Sud Sudan, 23 anni, 800 m.) e Anjelina Nadai Lohalith (Sud Sudan, 21 anni, 1500 m.). Gli uomini: Rami Anis (Siria, 25 anni, 100 m. farfalla), Popole Misenga (Rep. Dem. Ddel Congo, 24 anni, judo, peso medio), Paulo Amotun Lokoro (Sud Sudan, 24 anni, 1500 m.), Yiech Pur Biel (Sud Sudan, 21 anni, 800 m.), Yonas Kinde (Etiopia, 36 anni, maratona) e James Nyang Chiengjiek (Sud Sudan, 28 anni, 800 m.).
Dieci storie diverse, ma tutte accomunate dal riscatto da un destino che pareva segnato. Come quello di, James Nyang Chiengjiek, scappato a 13 anni dal Sud Sudan per non finire in mano ai ribelli, che reclutavano forzatamente bambini soldato. Si è allenato in un campo profughi del Kenya: “Ci siamo infortunati tutti perché avevamo scarpe inadatte. Ce le scambiavamo. Se avevi due paia ne davi uno a chi non ne aveva” racconta.
Alle Olimpiadi, Chiengjiek vuole essere un esempio. “Correndo bene, farò qualcosa di buono per aiutare altri, specialmente rifugiati. Abbiamo avuto questa opportunità di andare a Rio. Dobbiamo guardare indietro, guardare dove sono i nostri fratelli e sorelle, così che se hanno talento li possiamo portare ad allenarsi con noi e anche a rendere le loro vite migliori”.
“Siamo molto ispirati dalla squadra olimpica di atleti rifugiati – avendo dovuto interrompere la loro carriera sportiva, questi atleti rifugiati di alto livello avranno finalmente la possibilità di perseguire i loro sogni”, ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi. “La loro partecipazione alle Olimpiadi è un omaggio al coraggio e la perseveranza di tutti i rifugiati nel superare le avversità e costruire un futuro migliore per se stessi e le loro famiglie. L’UNHCR sta con loro e con tutti i rifugiati”.
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