Per la Corte di Giustizia il contributo da 80 a 200 euro non è in linea con la normativa europea. Inca-Cgil: “Ora risarcire gli immigrati”
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Stop alla tassa sui permessi di soggiorno, non si paga più
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Roma – 2 settembre 2015 – Chiedere da 80 a 200 euro agli immigrati per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno è troppo. La tassa imposta loro dall’Italia è “sproporzionata” e contraria ai principi dell’Unione Europea.
Dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea arriva una clamorosa bocciatura della tassa sui permessi di soggiorno che dal 2012 svuota le tasche degli stranieri in Italia. Dando ragione a Cgil e Inca, che con caparbietà hanno combattuto una lunga battaglia legale, il massimo organo del diritto comunitario ha preso una decisione che costringerà il governo a rimettere mano a quel balzello.
In particolare, la Corte ha stabilito che il “contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno” introdotto dall’Italia nel 2010 cozza con la direttiva 2003/109/CE sui “soggiornanti di lungo periodo”. Chiedere così tanti soldi agli immigrati regolari potrebbe infatti ostacolare il loro accesso alla carta di soggiorno.
“Gli Stati membri – sottolinea la corte – sono legittimati a subordinare il rilascio dei permessi di soggiorno alla riscossione di contributi” ma questi non devono “avere né per scopo né per effetto di creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo”. E invece l’attuale contributo chiesto dallo Stato italiano “può rappresentare un ostacolo alla possibilità per i predetti cittadini dei paesi terzi di far valere i diritti conferiti loro dalla direttiva”.
Inca e Cgil ricordavano giustamente che al salasso tra 80 e 200 euro vanno infatti aggiunti altri 27,50 euro il rilascio del permesso elettronico, altri 16 euro di marca da bollo e infine i 30 euro che l’ufficio postale si prende per il servizio. E i soldi versati dagli immigrati servono solo in parte a coprire le spese del rilascio del permesso, visto che la metà finisce nel fondo che finanzia i rimpatri degli irregolari.
La Corte conclude quindi che la direttiva 2003/109 è contraria alla legge italiana “che impone ai cittadini di paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato di pagare un contributo di importo variabile tra EUR 80 e EUR 200”. Quel contributo è infatti “sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima”.
Era stato il Tar del Lazio, alle prese con il ricorso di Inca e Cgil, a chiedere un pronunciamento della Corte di Giustizia. Ora toccherà al Tar dare seguito a questa sentenza, decidendo se e in che misura annullare il decreto che ha fissato le attuali tariffe del contributo per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno.
“Finalmente si fa giustizia su un’enorme ingiustizia, l’ennesimo esempio di normativa italiana persecutoria e discriminatoria contro gli immigrati. Il fatto che la sentenza arrivi mentre si parla di muri, fili spinati e respingimenti, dovrebbe convincere tutti che non si gioca sulla pelle degli immigrati”, dice a Stranieriinitalia.it Morena Piccinini, presidente del patronato INCA.
“Ora – spiega Piccinini – l’azione portata avanti con coraggio solo da Inca e Cgil va avanti. Vogliamo che gli immigrati siano risarciti, che il Tar in tempi rapidi annulli il contributo non solo sui permessi per lungo soggiornanti, ma anche per tutti gli altri, e che arrivino nuove norme per ristabilire finalmente i principi di diritto e proporzionalità”.
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Sentenza della Corte di Giustizia riguardo alla tassa sui permessi di soggiorno
Elvio Pasca