File interminabili alle Questure. E gli appuntamenti slittano di anni
Roma – 20 febbraio 2008 – “Si attesta che in data odierna la persona in oggetto ha verbalmente manifestato la volontà di presentare domanda di protezione internazionale tendente al riconoscimento delle status di rifugiato. Pertanto è invitata a presentarsi presso quest’Ufficio profughi il giorno 26 maggio 2009, alle ore 8.
N.B. Si rappresenta che il presente invito non sostituisce il permesso di soggiorno ed ha valore strettamente necessario per presentare la domanda di protezione internazionale”.
E’ uno dei tanti fogli consegnati oggi dall’ufficio immigrazione della questura capitolina ai cittadini bangladesi intenzionati a chiedere asilo politico. In alcune di quelle ricevute l’anno dell’appuntamento fissato è il 2010. Una data che si spiega con il numero delle persone che negli ultimi giorni hanno riempito gli uffici dell’immigrazione delle maggiori città italiane. Ieri, secondo le agenzie di informazione, quello della Questura di Roma è stato praticamente sommerso dalle domande d’asilo di circa 1.300 cittadini bangladesi.
Sono stati una cinquantina, tra agenti ed ispettori, i funzionari impegnati a rilasciare a ciascuno l"Attestazione e contestuale invito a presentarsi" in data successiva per fare le domanda vera e propria. La lunga attesa ha reso necessario l’intervento del 118 e dell’Ama, mentre il Comune di Roma ha fornito acqua e viveri a chi era in fila al freddo.
Secondo l’associazione per i diritti degli immigrati Dhuumcatu, (il cui leader è il bangladese Nure Alam Siddique, più conosciuto come Bachu), in fila davanti all’ufficio immigrazione di via Teofilo Patini a partire da venerdì scorso erano in duemila. “Sono rimasti in attesa per tutto il weekend – dice Alessandra Caragiuli portavoce dell’associazione – e molti si sono sentiti male. A Napoli e Milano la situazione non è molto diversa. Nel capoluogo campano il numero dei bangladesi presentatisi all’ufficio immigrazione eguaglia quello di Roma mentre a Milano sono circa la metà”.
“Alla fine ciò che hanno ottenuto – aggiunge Alessandra Caragiuli – sono stati degli appuntamenti per presentare domanda d’asilo, che non hanno alcun valore. A maggior ragione visto che le date fissate arrivano al 2010, quando ormai la situazione d’emergenza nel loro paese d’origine dovrebbe, crediamo e speriamo, essere terminata”. Bachu lo chiama "un modo per lavarsi le mani".
Ricordiamo che in seguito all’alluvione che lo scorso ottobre ha colpito il Bangladesh, causando gravi danni al paese e agli abitanti, gli immigrati clandestini originari delle zone colpite hanno chiesto la sospensione delle espulsioni nei loro confronti. Ottenuto lo stop dei rimpatri, hanno voluto che la loro presenza in Italia – anche se limitata alla situazione d’emergenza in Bangladesh – fosse regolarizzata, ma questa loro richiesta non è stata soddisfatta dal governo. Neppure lo sciopero della fame e della sete in piazza San Giovanni a Roma, che per tre giorni ha coinvolto 600 persone, ha fatto smuovere il Viminale.
Domenica 24, alle 16, nei giardini di piazza Vittorio a Roma, è prevista un’altra assemblea per discutere del problema che, a livello nazionale, riguarda 15mila bangladesi. Intanto continua il presidio permanente in via Giolitti. “Abbiamo chiesto un appuntamento al Ministero dell’interno per il prossimo 28 febbraio, alle 17 – dice Alessandra Caragiuli – è se questo non si tradurrà in una incontro produttivo, daremo inizio a un presidio permanente anche davanti al Viminale”.
Antonia Ilinova