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Bar e ristoranti: il 25% impiega stranieri. “Serve formazione”

Gli esercenti chiedono più formazione professionale. Indagine Eurisko-Fipe

ROMA – Un quarto degli esercizi pubblici italiani, il 26%, impiega lavoratori immigrati.

E’ quanto emerge dall’inchiesta della ricerca dell’Eurisko sull’impatto socio-economico del lavoro degli extracomunitari in occasione dell’assemblea annuale della Fipe, la federazione degli esrecizi pubblici della Confcommercio.

Sono le pizzerie a contare la percentuale maggiore, ben il 35%, seguite da bar e pub che ne contano in media il 16%. L’indagine traccia una classifica delle nazionalità, che vede in testa i lavoratori romeni (26%) e albanesi (20%), seguiti da marocchini (13%), polacchi (10%), ucraini (7%).

Gli esercenti più favorevoli sarebbero quelli del Nord Ovest, che ritengono che far lavorare gli stranieri all’interno del proprio settore è anche e un fatto di civiltà e un buon facilitatore di integrazione sociale. Al Sud si evidenziano i vantaggi gestionali per il datore di lavoro, al Centro regna invece la consapevolezza che gli italiani si sono allontanati da certi mestieri. Nel Nord Est le resistenze invece sembrano maggiori: le paure più o meno latenti non aiutano a creare il contatto e le occasioni di un incontro proficuo.

Il 41% dei pubblici esercizi vivono comunque come un fatto ormai naturale la presenza di questa nuova forza lavoro e non registrano cambiamenti di rilievo. Per chi identifica invece cambiamenti per il proprio settore, i giudizi negativi superano quelli positivi (33% contro il 24%). Ma e’ l’esperienza a fare la differenza di giudizio: chi ha provato ad avere collaboratori stranieri, sa che gli aspetti positivi ci sono e le valutazioni del personale straniero diventano più razionali e meno condizionate dai preconcetti, pur nella consapevolezza che almeno inizialmente ci sono delle complicazioni, più aspetti da considerare nella gestione delle persone (vanno regolarizzate, aiutate nella ricerca di un alloggio, nella creazione di contatti, ecc.).

Gli immigrati vengono visti come persone ”motivate”, disposte a imparare il lavoro, rispettose e flessibili nei confronti del cliente. Le difficoltà riguardano invece la comprensione della lingua, e una diversa concezione dei "ritmi" e dell’ "igiene", fattori questi più variabili in funzione dei vari contesti culturali di appartenenza.

Il 69% degli esercenti ritiene che ormai i clienti abbiano fatto l’abitudine a questo fenomeno, ma un 40% sospetta che non sia del tutto gradito ai clienti. Tale quota raggiunge il 48% presso chi non ha personale straniero. Gli esercenti temono che la clientela possa fidarsi meno, avere più remore verso il locale. Il 59% di chi ha personale straniero impiegato ritiene che – in ogni caso – non ci siano cambiamenti sul piano del servizio reso ai clienti.

Dalla ricerca emerge infine unanime l’esigenza espressa dai titolari dei pubblici esercizi: poter avere la collaborazione da parte delle associazioni di categoria nella formazione professionale di questa nuova forza lavoro, attraverso corsi appositamente pensati per stranieri di varie nazionalità.

(16 luglio 2007)

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