Per Ratzinger “il diritto della persona ad emigrare è iscritto tra i diritti umani fondamentali”. I cristiani devono essere “generosi, accoglienti, solidali” , e non dimenticare che anche “Gesù è stato un rifugiato”
Roma – 11 febbraio 2013 – "Chi lascia la propria terra lo fa perché spera in un futuro migliore, ma lo fa anche perchè si fida di Dio che guida i passi dell'uomo, come Abramo. E così i migranti sono portatori di fede e di speranza". Lo diceva un mese fa, al termine dell’Angelus in piazza san Pietro, Benedetto XVI. Pochi giorni prima, nella solennità dell’Omelia della notte di Natale, aveva posto “la grande questione morale su come stiano le cose da noi riguardo ai profughi, ai rifugiati, ai migranti”, mentre “riempiti da noi stessi, non lasciamo spazio agli altri”.
Nel suo breve pontificato, Joseph Ratzinger ha parlato molto spesso di immigrazione, esortando i cattolici all’accoglienza e al rispetto dei diritti e della dignità di chi lascia il suo Paese per fuggire a guerre, persecuzioni e miseria, o anche solo per inseguire la speranza di una vita migliore. Lo ha fatto attraverso interventi “estemporanei” o, più programmaticamente, nei suoi messaggi annuali per la Giornata del Migrante e del Rifugiato.
Nell’ultimo messaggio, pubblicato lo scorso ottobre, ha sottolineato tra le altre cose che “ogni Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune, ma sempre assicurando il rispetto della dignità di ogni persona umana. Il diritto della persona ad emigrare è iscritto tra i diritti umani fondamentali, con facoltà per ciascuno di stabilirsi dove crede più opportuno per una migliore realizzazione delle sue capacità e aspirazioni e dei suoi progetti”.
Un giorno, parlando ai ragazzi dell’Azione Cattolica, il papa chiese loro di “essere generosi, accoglienti, solidali, e soprattutto comunicatori della bellezza della fede”. “Tanti uomini, donne e giovani – ricordò – vengono a contatto con il nostro mondo, che conoscono superficialmente, abbagliati da immagini illusorie, e hanno bisogno di non perdere speranza, di non barattare la loro dignità. Hanno bisogno di pane, di lavoro, di libertà, di giustizia, di pace, di veder riconosciuti i propri inderogabili diritti di figli di Dio”.
Guardando alle migrazioni Ratzinger ha sempre considerato l’impatto distruttivo che possono avere sulle famiglie e ha chiesto norme che ne tutelino l’unità . “Occorre augurarsi – disse qualche anno fa rivolgendosi agli ambasciatori – che i bisogni di coloro che emigrano siano presi in considerazione da legislazioni che facilitino il ricongiungimento familiare e concilino le legittime esigenze della sicurezza e quelle dell'inviolabile rispetto della persona”.
Benedetto XVI ha sempre invitato tutti a vedere nei migranti il volto di Cristo. “Gesù – disse nel corso di un viaggio apostolico in Africa – ha voluto prendere il volto di quanti hanno fame e sete, degli stranieri, di quanti sono nudi, malati o prigionieri, insomma di tutte le persone che soffrono o sono messe da parte; il comportamento che noi abbiamo nei loro confronti sarà dunque considerato come il comportamento che abbiamo nei confronti di Gesù' stesso”.
Del resto, come ha ricordato più volte il pontefice, “Anche i genitori di Gesù dovettero fuggire dalla propria terra e rifugiarsi in Egitto, per salvare la vita del loro bambino: il Messia, il Figlio di Dio è stato un rifugiato''.
EP