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Bonus bebè solo a chi la carta di soggiorno? “Una discriminazione”

Secondo l'Asgi il requisito è illegittimo, lettera a governo e parlamentari per modificare la legge di stabilità. "L'aiuto spetta a tutti gli stranieri che hanno un permesso vaido per lavorare, oltre che a rifugiati, familiari di cittadini Ue e titolari di carta blu"

Roma – 12 novembre 2014 – Anche gli immigrati avranno il bonus bebè, 80 euro al mese per tre anni destinati alle famiglie visitate dalla cicogna. La legge di stabilità  prevede però come requisito mamma o papà abbiano in tasca un permesso di soggiorno per lungosoggiornanti, la cosiddetta "carta di soggiorno"

Quel paletto, però, secondo l'associazione per gli Studi giuridici sll'immigrazione, è "illegittimo e discriminatorio". In una lettera inviata a Governo e Parlamentari l'Asgi chiede quinndi che venga eliminato, prevedendo che il bonus vada a tutti gli immigrati titolari di un permesso di soggiorno valido per lavorare.

Nella lettera l’ASGI ricorda che, innanzitutto,  tutti gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare in Italia “beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano” ( art. 12 della Direttiva 2011/98/UE del Parlamento e del Consiglio europeo ) per quanto riguarda (tra l’altro) le prestazioni di sicurezza sociale di cui al Regolamento CEE 883/2004. Questo all’art. 3 indica espressamente le “prestazioni familiari” e le “prestazioni di maternità” (e dunque certamente anche l’istituendo bonus bebe’).

Inoltre il Bonus bebé va chiaramente esteso alle categorie di cittadini stranieri in base a meno recenti direttive europee, alle cui prescrizioni paritarie, ricorda l’ASGI al Governo, "l’Italia si è solo recentemente adeguata per quanto riguarda altri settori della vita sociale (ad es. l’accesso al pubblico impiego) ma che rilevano anche per le prestazioni assistenziali e dunque anche per il prospettato “bonus bebè”.

Si tratta, in particolare, dell’art. 24, par. 1 direttiva 2004/38/CE del 29.4.2004 riguardante i familiari non comunitari di cittadini italiani o di altri Stati UE residenti nel territorio dello Stato; dell' art. 29 della direttiva 2011/95/UE del 13.12.2011 riguardate gli stranieri o apolidi regolarmente soggiornanti in Italia a cui sia stata riconosciuto lo status di protezione internazionale (status di rifugiato e status di protezione sussidiaria); dell' art. 14, par. 1, lett e della direttiva 2009/50/CE del 25.5. 2009 riguardante i titolari di “carta blu UE”.

Rientrando  nell’ambito delle prestazioni sociali per le quali è prevista una parità di trattamento tra cittadini dello Stato membro e cittadini comunitari e appartenenti a Stati terzi rientranti nelle categorie sopra definite,  mantenendo l’attuale previsione discriminatoria, l’ASGI ha dunque avvertito il Governo:

"Una norma nazionale che escludesse da un trattamento di maternità o di famiglia gli stranieri titolari di tali permessi risulterebbe in contrasto con le citate direttive. Ne seguirebbe inevitabilmente un vasto contenzioso (del tutto analogo a quello – promosso anche dalla nostra associazione – che ha riguardato negli ultimi anni l’assegno famiglie numerose ex art. 65 L. 488/98 e che ha visto sempre soccombente la pubblica amministrazione) con inevitabile lievitazione di costi, lesione del principio di certezza del diritto e prevedibili procedimenti di infrazione da parte della Commissione".

L’associazione ha, dunque,  chiesto un immediato intervento del Governo al fine di presentare un’apposita proposta di emendamento all’art. 13, comma 1 citato affinché il beneficio in questione sia riconosciuto, oltre che ai lungosoggiornanti, a tutti gli stranieri residenti in Italia che siano titolari del cosiddetto “permesso unico lavoro” di cui al D.lgs 40/14 di recepimento della citata direttiva 2011/98 (cioè appunto i titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare) e agli altri stranieri regolarmente soggiornanti in Italia il cui diritto alla parità di trattamento è garantito dalle clausole comunitarie sopra citate.

 

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