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Cancro e immigrazione: una sfida per la Sanità, un diritto da difendere

Roma, 5 marzo 2025 – Il fenomeno della migrazione ha un impatto profondo su diversi ambiti della società, inclusa l’assistenza sanitaria oncologica. In Italia, con oltre 5 milioni di immigrati residenti, che rappresentano l’8,6% della popolazione (con punte del 10% in alcune regioni come il Veneto), emerge con forza la necessità di affrontare il tema dell’accesso alle cure per questa fascia di popolazione particolarmente vulnerabile.

Una riflessione necessaria sull’oncologia e l’immigrazione

Per la prima volta, il rapporto “I numeri del cancro 2024” realizzato da AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori) ha affrontato il tema del cancro tra la popolazione immigrata in Italia. Questo studio rappresenta un importante passo avanti nella comprensione delle disuguaglianze sanitarie e nell’organizzazione di strategie mirate per garantire un accesso equo alle cure.

Secondo il professor Francesco Perrone, presidente di AIOM, l’inclusione di questo tema nel report annuale e l’organizzazione delle “Giornate dell’Etica 2024” presso l’Isola di San Servolo a Venezia sottolineano l’importanza di guardare oltre il cancro e affrontare le problematiche sociali che influenzano l’accesso alle cure. “La qualità di un Paese si misura anche dalla sua capacità di garantire i diritti ai più deboli”, afferma Perrone.

Incidenza e peculiarità dei tumori nella popolazione immigrata

L’incidenza dei tumori tra gli immigrati risulta generalmente inferiore rispetto ai cittadini italiani, ma con alcune eccezioni significative. In particolare, i tumori di origine virale, come quelli epatici o della cervice uterina, sono più diffusi tra gli immigrati provenienti da determinate aree geografiche. Questo fenomeno può essere spiegato da fattori socioeconomici e differenze nello stile di vita, oltre all’“effetto migrante sano”, secondo cui chi emigra tende a essere in condizioni di salute migliori rispetto ai connazionali rimasti nel Paese d’origine. Tuttavia, la carenza di dati sugli stranieri irregolari e sui cittadini temporaneamente presenti rende difficile un’analisi completa della situazione.

Diagnosi tardive e difficoltà di accesso agli screening

Un problema critico emerso riguarda il ritardo nella diagnosi. Ad esempio, il 39% delle donne immigrate non esegue la mammografia, rispetto al 27% delle italiane, con la conseguenza che il carcinoma mammario viene diagnosticato in fase precoce solo nell’80% dei casi, contro il 90% tra le italiane. Analogamente, il tumore della cervice uterina, in forte riduzione tra le italiane grazie agli screening e alla vaccinazione HPV, rimane ancora molto diffuso tra le donne immigrate, con un’incidenza doppia rispetto alla popolazione locale.

Le barriere nell’accesso alle cure oncologiche

Gli ostacoli che impediscono un’adeguata presa in carico dei pazienti oncologici immigrati sono molteplici. Tra questi figurano:

  • Resistenza culturale e disinformazione: alcuni gruppi di immigrati vedono gli screening come una violazione della sfera personale.
  • Difficoltà linguistiche e burocratiche: la comprensione del percorso oncologico e la comunicazione della diagnosi risultano spesso complicate.
  • Assenza di un caregiver: la mancanza di un supporto familiare o di un mediatore culturale compromette l’adesione alle terapie.

Attualmente, solo il 40% degli oncologi dispone del supporto di un mediatore culturale, una figura fondamentale per garantire un’assistenza adeguata.

Le misure per migliorare l’assistenza ai migranti

Secondo AIOM, una delle priorità è la promozione della mediazione culturale all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. Il ruolo degli Enti del Terzo Settore e delle associazioni di volontariato risulta cruciale per facilitare l’accesso alle cure e superare le barriere linguistiche e culturali. Inoltre, la creazione di registri nazionali più efficienti consentirebbe un monitoraggio più accurato dei pazienti immigrati, compresi quelli irregolari e temporaneamente presenti.

La salute come diritto universale

In Italia, il diritto alla salute per i migranti è riconosciuto formalmente dal 1995, ma l’accesso effettivo alle cure è ancora ostacolato da problemi burocratici e culturali. A livello globale, solo il 39% dei Paesi garantisce cure oncologiche di base all’interno della copertura sanitaria universale, e appena il 28% assicura l’accesso alle cure palliative. L’Italia si distingue come uno dei Paesi che offre questo diritto, ma occorre continuare a difendere e migliorare le condizioni di accesso, soprattutto per le popolazioni più fragili.

L’attenzione alle disuguaglianze nell’accesso alle cure oncologiche non è solo una questione sanitaria, ma un indicatore del grado di civiltà e inclusività di un Paese. Parlare di questi temi è già un passo avanti: ora resta da vedere quali azioni concrete saranno messe in campo per garantire il diritto alla salute per tutti.

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