Roma, 8 agosto 2018 – È enorme la piaga del caporalato in agricoltura in Italia. Sono anni che vige lo sfruttamento della manodopera immigrata e se al Sud questo sistema di reclutamento illegale e sfruttamento detiene il monopolio dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, sta aumentando anche al Centro e al Nord. I numeri sono impressionanti:
400mila lavoratori coinvolti (80% di stranieri) e almeno 100mila soffrono anche un disagio abitativo e ambientale.
Su 80 distretti agricoli interessati in 33 sono state riscontrate “condizioni di lavoro indecenti”, in 22 condizioni di lavoro “gravemente sfruttato”, negli altri “solo” l’intermediazione illecita di manodopera.
La paga giornaliera sotto i caporali è in media di 25/30 euro, il 50% in meno di quella prevista dal contratto nazionale, per 12 ore di lavoro. A quella paga poi bisogna togliere i soldi dati ai caporali per il trasporto sul luogo di lavoro (5 euro), l’acquisto di acqua e cibo, l’affitto degli alloggi, e l’acquisto dei medicinali. Lo Stato ci perde 600 milioni di euro di mancato getto contributivo. I lavoratori anche la salute, la vita, come denunciano i numeri:
decine di vittime del caporalato (16 nel primo week-end d’agosto 2018);
72% dei lavoratori presenta malattie che prima dell’inizio della stagionalità non si erano manifestate, le malattie curabili con un antibiotico si cronicizzano perché non c’è un medico o non ci sono soldi per le medicine;
64% non ha accesso all’acqua corrente;
62% degli stagionali non ha accesso ai servizi igienici.
Milton Kwami